Cara Sofia,

com'è difficile essere alla moda.

In questi giorni sei a Cannes per presentare L'inganno, un film che da solo è sublime compendio di cosa serve per essere popolare oggi a Hollywood (al netto di: avere un padre famoso che di nome fa Francis Ford). Primo: è un remake. Di un film del '71 che in Italia si chiama La notte brava del soldato Jonathan – originariamente si intitolano entrambi The Beguiled, ma la coerenza è una qualità che tende a perdersi con la traduzione – e racconta di un soldato ferito, accidentalmente ricoverato in un collegio per signorine sudiste, che si ritrova vittima di queste pazze scatenate.

Secondo: ribalta l'onnipresente male gaze, il punto di vista maschilista. Non sono pazze scatenate, sono creature multidimensionali, ognuna con la sua buona ragione per sentirsi oppressa. Terzo: è stato voluto, girato, prodotto e/o interpretato da un gruppo di primedonne conclamate, tra cui Nicole Kidman, in magica armonia. Quarto: ha la benedizione di Beyoncé, sotto forma di piantagione della Louisiana in cui è stato girato, la stessa di Lemonade. Quinto: ha consentito la pubblicazione di un'intervista a due voci – la tua e quella di Kirsten Dunst – piena di deliziosi aneddoti e rassicuranti sorellanze.

Il film L'inganno di Sofia Coppola, presentato al Festival di Cannes, soddisfa tutti i requisiti per essere popolare oggi a Hollywood.pinterest
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Il frammento che è rimbalzato ovunque, però, è il meno credibile di tutti: tu avresti suggerito alla cara Kirsten di perdere qualche chilo, ché l'oppressione si porta meglio da emaciate, ma lei si sarebbe rifiutata perché «è troppo difficile quando hai 35 anni e odi la ginnastica». (E vedrai dopo, bambina mia). Siccome mi hanno insegnato che il sessismo è quella cosa che ti fa reagire diversamente a seconda del genere degli esseri umani interessati, mi sono immaginata la stessa conversazione tra papà tuo e un Marlon Brando qualunque che proprio non ne vuole sapere di sformarsi la mascella per far somigliare Don Corleone a un vecchio bulldog: «È troppo difficile quando hai 46 anni e scendi da un tram che si chiama Desiderio».

In questi stessi giorni tutti stanno guardando The Handmaid's Tale, serie tv che parimenti soddisfa le specifiche per il successo: è un remake, parla di donne oppresse, è piena di facce note – ma senza Nicole Kidman – dirette per i primi tre episodi da Reed Morano, una delle registe di Lemonade. È altresì tratta da Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood, la quale ci tiene a specificare che il suo non è un romanzo femminista, «se con questo si intende un manifesto ideologico in cui tutte le donne sono angeli, o troppo vittime per poter fare delle scelte». In altre parole: non basta essere femmine, per evitare di dire stupidaggini.