Ci sono ragazze magiche che hanno il potere di squadernare tutti i file delle umane emozioni lasciandoti commosso, anche mentre ridi. Sovvertono le regole, non hanno premure, ti sbattono in faccia certe brutte verità con grazia incosciente e se ne fregano di come la prendi (non vogliono mica stupirti o spaventarti!). Si dicono codarde di fronte alle sfide della vita e poi tirano fuori un coraggio che neanche Thor e i suoi amici in calzamaglia. Pensano sempre di non essere all'altezza, di essere troppo svogliate o imbranate per farcela e invece scalano le vette volando, come falchi, come aquile, senza neanche il fiatone. Credono di essere normali. Ci credono davvero, non lo fanno per posa. Normali e friabili. Invece sono magiche. E quindi invincibili.

Un romanzo nato come un diario

Anna è così, e forse non lo sa. Anzi, non lo sa di sicuro conoscendola. Ma glielo dico ora perché non gliel'ho mai detto e perché se lo merita. È entrata nella mia vita come un pallonata. Sbam! Fossi stata un fumetto avrei visto gli uccellini. Mi ha mandato un'email che aveva dentro un romanzo. Un romanzo nato con altre intenzioni credo, come diario o come scialuppa in un momento di onde alte e furenti. Ho iniziato a leggerlo e non riuscivo più a smettere. Mi faceva ridere, ma anche un po' piangere e poi di nuovo ridere, da matti. Parlava di tumore. Il suo tumore, una «pallina strana» conficcata nel seno. Il problema è che Anna non lo voleva, un tumore. Non lo vuole nessuno, ma Anna di più. E quel suo modo indolente e infantile di vivere la Cosa – la malattia, la prova, la tragedia, la sfida, la sfiga, chiamatela come vi pare, a seconda del grado di ipocondria e teatralità – l'ho trovato terribilmente onesto e umano. Come un compito in classe che non ti va di fare. Come le scarpe strette. Come la rottura di palle imprevista che ti arriva nel bel mezzo di un viaggio importante. Solo che il viaggio è la vita. E l'imprevisto pure. Non il passaporto rubato, non la gomma bucata sotto il sole del bush australiano. Ma una transenna grossa così al centro della strada. Se vuoi andare oltre te la devi sudare. Medici, analisi, chemio. E nessun dado da ritirare.

All'improvviso ti vedono come una malata

Anna ha affrontato tutto con cialtronesco stakanovismo, ché nell'imprevedibile «mestiere di vivere» le è capitato pure questo, doverla sfangare in qualche modo, buttando giù tutte le pillole amare che la pallina di cui sopra ha comportato. Non tanto e non solo le cure – però pure quelle, soprattutto gli aghi e le tac – ma i commenti imbarazzati della gente, il loro viverti all'improvviso come Anna-che-c'ha-un-tumore-al-seno e non più come Anna-e-basta, e le paure tue e quelle delle persone che ti stanno intorno, e la tua faccia che cambia e i pensieri scemi e le scarpe e la parrucca e i vestiti e i film che ti salvano la vita o la giornata, che è già tanto.

Anna ha scritto un libro

Questa cronaca semi-seria della malattia, raccontata in diretta, con le cellule maligne ancora a piede libero, l'ho trovata così forte e dirompente che l'ho voluta pubblicare subito sul nostro giornale. Non tutta, un pezzetto, per ovvie ragioni di spazio. Lanciando però un appello agli editori: fatevi avanti! Perché ho pensato che la storia di Anna fosse non solo bella, ma utile e necessaria a chi ne stava vivendo una simile. Che fosse un antidoto alla paura e alla solitudine. Non c'è niente come uno che sta per affogare per dirti che vale la pena nuotare. Mondadori ha risposto all'appello. Ora quel plico sconfinato di pensieri e parole è diventato un libro, Buone ragioni per restare in vita . E io mi sento felice. Per lei e per me. Per tutte le mail che ci siamo scambiate e ci scambiamo da allora. Per questa bella amicizia nata senza esserci mai viste. Una buona ragione per restare in vita, parafrasando il titolo del libro. Almeno per me.

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