Se leggo un altro tweet su quant'è rappresentativa di noi donne – della nostra resistenza al dolore, alla fatica, agli ostacoli del cuore – Serena Williams, che da incinta ha vinto tornei di tennis contro le migliori del mondo, se leggo un altro status su Facebook su quanto la tennista gestante metta a tacere gli uomini ribadendo la nostra superiorità, se qualcuno ancora osa indicarla come un esempio positivo, mi metto a urlare. Cosa si resta incinte a fare, se non per poter dire «Caro, quella cosa sul soppalco devi prenderla tu, io sono fragile»? Come si permette, Serena, di alzare così tanto gli standard per tutte noi, di imporci di essere eroiche, funzionanti in ogni stato di salute, superiori alla razza umana?

Sì, lo so che sono decenni che raccontiamo barzellette sui maschi che si mettono a letto con 37 e mezzo di febbre mentre noi partoriamo senza anestesia ma, appunto: sono barzellette. Nella realtà, io senza anestesia non faccio neanche la pulizia dei denti. Smettetela di considerare quell'aliena della Williams rappresentativa del genere femminile, sennò mi toccherà pensare che il mio prendere l'antidolorifico per fare la ceretta all'inguine faccia di me un maschio.