Li ho visti. Anziani e meno anziani, rovistare nei bidoni. Non erano senza tetto o disperati. Erano persone normali. Pulite, pettinate, sole. Li ho visti avvicinarsi con garbo al cassonetto all'angolo di un marciapiede e affondarci le mani, senza guardarsi intorno, come se fosse normale, come se fosse l'unico modo – quel fingere che fosse tutto ok, non provarci neppure a nascondersi – per far sembrare normale il pescare cibo dalla spazzatura. Li ho visti non fermarsi a un bidone, ma passarli in rassegna tutti, quasi fosse un lavoro: lo svuotatore di bidoni. Prima una signora sulla settantina. I capelli in ordine, un vestito leggero di chi ancora ci tiene all'aspetto esteriore, una faccia gentile. Poteva essere mia madre, o la vostra. Ha perlustrato il cestino accanto al mio portone. Ha infilato le mani fino in fondo, con un gesto lieve, quasi educato. Niente. È passata all'altro cestino, di fronte, e poi a un altro ancora. Niente. Era sera, era agosto. Ma non si è scoraggiata. Era uscita per fare la spesa, giù in strada. Qualcosa doveva pur mangiare.

Patatine ingolfate nel ketchup al fast food

Poi un uomo a Firenze, in stazione. Un vecchio signore col fisico asciutto e bianchi capelli scintillanti al sole, calzoni cachi, un'andatura aristocratica e incurante del viavai dei curiosi. Durante la caccia ha trovato un avanzo di McDonald. Lauto bottino di Big Mac ciancicato, patatine ingolfate nel ketchup e Coca-Cola. Doveva averlo lasciato un viaggiatore frettoloso come me, che qualche tempo prima, transitando da lì per un weekend da pendolare estiva, mi ero lasciata convincere dalla solerte commessa del fast food a prendere un menu con extra non contemplati dal mio frugale appetito solo perché – insisteva la giovane commessa – era più conveniente: 1 euro in più e avevo quasi il doppio. Sapevo che non sarei riuscita a finirlo e l'ho lasciato infatti, ben chiuso nel sacchetto e in bilico sul bordo del cestino tra il binario 1 e il binario 2, con la forchetta per la frutta e i tovaglioli intonsi ancora dentro al cellophane. Sperando che qualcuno – un povero, un viandante senza meta – lo prendesse, ché mi sentivo in colpa per quel cartoccio di consumismo non consumato.

Lo spreco di cibo è qualcosa di immorale

Equivale a 16 miliardi lo spreco di cibo in Italia ogni anno. 13 li buttiamo nella pattumiera di casa: 30 euro al mese a famiglia. Lo rivela l'indagine condotta dall'Osservatorio Waste watchers con Last minute market/Swg in occasione della Giornata nazionale di lotta allo spreco. Una vergogna che ci riguarda – quasi – tutti. Unici esclusi i Virtuosi, che vivono lo spreco come qualcosa di immorale, e un oltraggio all'ambiente. Gli altri, chi più chi meno, lo sanno che buttare «non va bene», ma lo fanno: per abitudine, distrazione, comodità, noncuranza. Perché facendo la spesa solo il sabato è normale riempire il carrello e cedere all'offerta tre per due, perché nel frigo zeppo le cose non si vedono - si «sentono» però a distanza di mesi, in avanzato stato di decomposizione; perché i broccoli sono antitumorali ma non basta comprarli bisogna pure mandarli giù; perché lo yogurt scade, prima o poi...

I maxi menu lasciamoli a chi ha fame

Poi ci sono quelli che non buttano perché non hanno, i cosiddetti Risparmiosi. Acquistano giusto quel che serve, per ragioni di budget, nessuna ideologia. È già difficile tirare avanti, che la Terra se la cavi da sé. E quelli che invece proprio chissenefrega: del clima, degli altri, della società. Comprano troppo e male. Se il mondo «soffre» non è colpa loro. E noi, chi siamo? Pensiamoci la prossima volta andando al super. E i maxi menu lasciamoli a chi ha fame.