L'altro giorno un'amica mi ha detto: «Ormai con te si parla solo di quanto siamo invecchiate». Giacché la so lettrice di questa pagina, vorrei confermare: siamo invecchiate. Tutte. Anche la signora la cui conversazione ho origliato all'uscita dalla sfilata di Alberta Ferretti. Stava dicendo: «Che poi ha passato da un bel po' i 40», e per un attimo ho pensato stesse riferendosi all'opportunità di certi colori della Rainbow Week (i golf coi giorni della settimana, come le mutande in Harry ti presento Sally, fatti sfilare dalla Ferretti: puoi andartene in giro in Monday rosa, dopo una certa età?). Stavo per dirle che in effetti il Friday blu era più opportuno, quando ho capito che parlava di Karolína Kurková (che aveva sfilato in Sunday grigio), col tono con cui si parla delle zitelle quarantenni nei romanzi di Jane Austen: poverina, il crollo delle carni è imminente.

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La top model Karolina Kurková.

La signora era nella terza fase. La prima è quella in cui sei così giovane che la bella della scuola la liquidi con un «Sì, però Tizio l'ha piantata». Poi cresci, scopri che i Tizio spesso hanno gusti assurdi, e sono così screanzati da piantare anche te, e quasi sempre per una che ti sembra meno caruccia, meno simpatica, meno tutto. Scopri che l'amore non è meritocratico, e che ti tocca cercare un'altra chiave per la consolante demolizione dell'avversaria.

Nella seconda fase l'avversaria è ignara della tua esistenza (ancor più di quanto lo fosse la bella della scuola): è una cantante, un'attrice, una modella. Una che, per mestiere, deve stare meglio di te in bikini. Ci sarà sempre qualche rotocalco pronto a ingigantire una piegolina e titolare su un bozzo immaginario di cellulite. E tu ti consolerai moltissimo: ah!, visto!, anche lei ha svaccato, mica solo a me il panettone ha fatto quest'effetto.

Finché qualcuno non ti fa vedere una tua foto in spiaggia, all'impietosa luce naturale, senza i diciassette filtri di Instagram che avresti usato prima di mostrarla al mondo, senza inquadrature strategiche (dentro la perfetta pedicure, fuori il fianco debordante). Finché non fremi di gratitudine per quel qualcuno così caritatevole da mostrartela in privato, invece di pubblicarla taggandoti; e di solidarietà con le poverette le cui foto meno riuscite sono merce per il pubblico consumo.

La terza fase della consolazione poggia sull'impalpabile distacco tra realtà e percezione. Riconosci la superiore fighezza dell'indossatrice ma le dai della vegliarda. (Avviso per lettrici che stanno già impugnando il telefono per scrivermi che non devo permettermi di dare delle vegliarde alle quarantenni: ho 44 anni, sto parlando di me).

È il tuo ultimo appiglio: è geneticamente fortunata, ancora tiene botta nonostante gli anni. Carrie Fisher diceva che c'è poco da vantarsi di giovinezza e bellezza: «Sono il frutto provvisorio del Dna, mica un merito». Si prova a concentrarsi su «provvisorio», a pensare che non durerà – ma poi vengono in mente le eccezioni. Helen Mirren, Jane Fonda: la vita è ingiusta, certe son strafighe in eterno. Non vale neanche, come quarta e più disperata forma di consolazione, dirsi che bisogna pensare al cervello e non alle chiappe: invecchiano anche i neuroni, e se non crollano malamente è ancora una volta questione di fortuna. Invecchiamo tutte, gentile signora. Però la Kurková ha 32 anni.