Io me lo vedo, Paolo Sorrentino. Accendersi la pipa e pianificare il modo in cui ci fregherà di nuovo. Sai cosa? Il Papa lo faccio vestire tipo spot d'un profumo, si prova gli abiti talari in tutt'un montaggio da video rock, anzi, voglio esagerare: sulla vestizione da videoclip del Papa, ci metto Sexy and I know it. Non potranno mica abboccare anche a questo, dai. Io me lo vedo, Paolo Sorrentino. Sfogliare i bestseller degli ultimi anni e rendersi conto di cosa si vende: l'orfano adulto. Quello che a cinquant'anni non ha ancora smesso di frignare per la cosmica ingiustizia di non avere nessuno che gli rimbocchi le coperte, quello che all'età alla quale si è nonni ancora non s'è fatto una ragione del fatto che la vita non sia eterna, quello che non ha imparato niente da Candy, né da Heidi, né da Remi, che erano alti meno d'un metro e già sapevano cavarsela meglio di lui. Io me lo vedo, Paolo Sorrentino, che invece da Candy Candy ha imparato le basi della narrazione: si porta l'orfano adulto? E io te lo faccio cresciuto alla Casa di Pony, il Papa. Prendo Diane Keaton, e la faccio somigliare a miss Pony. Lo faccio lamentare dieci volte a puntata della sua orfanitudine, il Papa, così i compratori di bestseller si immedesimano, ma ci metto dentro anche la scena su cui si sono formate le quarantenni. Quella in cui Candy rinuncia a farsi adottare per non lasciar sola l'amica Annie – e quella, ingrata, appena può la molla. Ti faccio il Papa-Candy e l'altro orfano, quello per fare compagnia al quale era rimasto in orfanotrofio, te lo faccio ingrato. Ma lo faccio morire, ché le spettatrici è tutta la vita che aspettano che Annie abbia quel che si merita. Io me lo vedo, Paolo Sorrentino, metterci un canguro da spot Valtur e cinque Femen ignude che paiono uscite da una scena di Bridget Jones, e stare a guardare mentre troviamo il tutto taaanto sorrentiniano, e poi constatare che no, nessuno si è chiesto cosa ci facciano nei giardini Vaticani. Io me lo vedo, Paolo Sorrentino, ridere di noi.