Ogni anno, quando arriva ottobre, mi illudo che accada. Che il dio delle stagioni si dimentichi di portare l’autunno, con tutto il corredo di foglie che cadono e buio che scende quando ancora la vita cammina sul crinale del pomeriggio inoltrato e non si ha voglia di tornare a casa, mangiare e dormire, accostare le imposte e dichiarare il giorno finito. M’illudo che il freddo non venga. Il freddo pungente e a sorpresa della prima volta che tiri fuori il maglione, ma non ancora le calze. I piedi resistono, i piedi sono l’avamposto ribelle dell’estate che non si conclude. Finché saranno nudi dentro le ballerine rasoterra e i mocassini rumorosi di pelle che cigola e suola che scricchiola, si può sperare di restare sospesi in questo tempo lieve della mezza stagione. In cui il dovere incombe ma ancora non morde e il piacere miagola sommesso in lontananza, poco propenso a uscire di scena. Ancora un giorno di sole, di meteo clemente, di temperatura in salita. È ottobre ma è come se fosse settembre, vedrai che quest’anno riesco a festeggiare il compleanno all’aperto. Ci scommetto ogni anno, e ogni anno perdo.

L’utopia dell’autunno che forse quest’anno non arriva è l’utopia dell’“a me non accadrà”. Il dado distratto delle stagioni della vita, che stranamente rotola sotto il tappeto e si dimentica di noi. A me non accadrà che dopo i 40 i capelli diventeranno bianchi. Né uno né cento. Nessuno. Non avrò mai la schiavitù del balayage da fare a fine mese, la paranoia della ricrescita esattamente il giorno che c’è l’evento importante, la fissazione dello strappo furtivo del fusto irsuto e pallido nello specchietto retrovisore. A me di certo non verranno le caldane, né il crollo della libido, né il malumore. Il mio girovita non crescerà scavallando il secondo traguardo degli “anta”, io sono immune agli scherzi degli ormoni. Mai stata tagliata per il ciclo, figuriamoci per la menopausa, ho già quasi 50 primavere ed eccomi qua, immutata: freddolosa e fertile. Identica taglia dal ’92.

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A me non accadrà che i figli crescono e non ti guardano, a malapena ti parlano, interloquendo con suoni gutturali di difficile decifrazione e smorfie di fastidio o di disgusto o entrambe le cose insieme, anche davanti a un piatto di lasagne al forno che fino a ieri bastava il profumino per vederli felici. Mi abbracceranno e mi baceranno sempre. Seh. A me non accadrà che mio marito mi dica che parlo troppo e ascolto poco. E arrivo sempre tardi e faccio troppe cose insieme, ma soprattutto che ho veramente troppe scarpe, insomma che sono una moglie insopportabile come le mogli delle barzellette – escluse le ciabatte e i bigodini – e se passasse un’altra un po’ più puntuale, ancorché giovane e sinuosa, come le amanti delle barzellette, mi sa che sono fritta. A me la pressione alta non verrà, né il mal di schiena né l’artrite. Né tutte le cose brutte che vengono da grandi. Il mio corpo è progettato per resistere al tempo. Mi chiamano signora ma non sanno di che tempra è fatto il mio Dna. Ho forse qualche ruga, ma dentro è ancora pieno il serbatoio della mia giovinezza.

E invece l’autunno arriva. E arriva il tempo che viene sempre allo stesso tempo. Lui sì, puntuale. A scandire i ritmi dell’anno e della vita. I cicli che si aprono e si chiudono. I rami che si spogliano, la pelle che si secca. Il nuovo che germoglia senza che ci facciamo caso, concentrati come siamo sui nostri minuti e sulle nostre cellule. Bisognerà pure farsene una ragione. Mettersi le calze, infilare il maglione e godersi i colori della stagione presente.

Maria Elena Viola, direttore di Gioia! dal 1º Novembre dirigerà Elle settimanale.

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