Si chiama "zolpidem", è il principio attivo d’un sonnifero del quale, fino a poco tempo fa, avrei saputo solo dirvi che io ho dovuto smettere di prenderlo perché mi faceva venire le allucinazioni, e che Courtney Love una volta raccontò che prendendolo si ritrovava in situazioni assurde: per strada, di notte, con due uova al tegamino in testa. Ma né io né la signora Love siamo spiccati esempi di equilibrio mentale, e quindi magari non era la pastiglia per dormire il problema. Di recente, però, la versione dello zolpidem commercializzata in America col nome di Ambien ha preso il posto che avevano le cavallette in quel monologo dei Blues Brothers in cui Belushi elencava a Carrie Fisher le ragioni per cui non s’era presentato all’altare: qualunque cosa succeda, è colpa dell’Ambien, la più improbabile e tuttavia strenuamente evocata delle cavallette.

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Sunset Boulevard//Getty Images
Carrie Fisher sul set del film The Blues Brothers.

Ha cominciato Roseanne Barr (di mestiere: protagonista della serie tv più vista dell’anno in America, il ripescaggio del marchio anni 90 che qui veniva trasmesso col titolo Pappa e ciccia). Roseanne era solita usare Twitter come una ricca adolescente annoiata che si diverta a innervosire tutti dicendo quant’è figo l’impresentabile Trump; finché una notte ha scritto che Valerie Jarrett, una signora afroamericana che aveva lavorato con Barack Obama, sembrava una scimmia. Tutti le hanno dato della razzista, la Abc ha chiuso la serie, e Roseanne s’è giocata la cavalletta: è stato l’Ambien. All’azienda farmaceutica è toccato fare un comunicato: il nostro sonnifero non ha mai reso razzista nessuno.

Poi è arrivato Elon Musk (di mestiere: miliardario). Al New York Times si sono messi in quattro a intervistarlo (capisci che uno non sta bene da quanti intervistatori sono necessari a cavargli delle dichiarazioni sensate). Qualche giorno prima, Musk aveva ben pensato di scrivere su Twitter che intendeva togliere la Tesla (la sua azienda d’automobili) dalla Borsa, aveva già organizzato tutto per renderla una società non quotata ricomprando le azioni. Non esattamente un annuncio che si faccia su Twitter, senza parlarne col consiglio d’amministrazione. Durante la conversazione col NYT Musk ha pianto (mannaggia a noi e a quando abbiamo detto che ci piace l’uomo sensibile: questi ci hanno creduto), s’è lamentato d’aver dovuto lavorare anche il giorno del suo compleanno (benvenuto tra i liberi professionisti, Elon), e poi l’ha detto: è tutta colpa dell’Ambien.

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Dia Dipasupil//Getty Images
Elon Musk con la sua ultima fiamma, la cantante canadese Grimes, al Met Gala 2018.

Questa volta niente comunicati a smentire che la pastiglia abbia mai reso qualcuno un frignone. Se vi sembra che queste due storie abbiano in comune il sonnifero, osservatele più attentamente: perché due multimilionari non hanno un assistente che, consapevole che il tweet d’un personaggio noto valga come un comunicato stampa, impedisca loro di scrivere quando non sono lucidi? Perché il custode delle password (che ti autorizza volta per volta a comunicare col mondo, sempre presente come un cuoco o un autista) non è la prima figura che qualunque ricco e famoso assuma? Poi, certo, c’è anche la questione farmacologica. Come mai il più inopportuno utilizzatore di social network, quello i cui tweet provocano più polemiche, quello che più avrebbe bisogno gli levassero Twitter dal telefono, come mai Donald Trump non ha ancora mai dato la colpa all’Ambien?