Pelatino è alla cassa per donne incinte. Sono le 7 di sera, all’Esselunga c’è fila ovunque, e io decido di barare: cosa sono grassa a fare se non per andare alla cassa per donne incinte, dove mi faranno passare data la mia evidente condizione disagiata. Non ho neanche preso il carrello, ho solo due bottiglie che intendo pagare velocemente e mettere in frigo in tempo per cena: chi non mi darebbe la precedenza? Pelatino, ecco chi. Che mette la sua ampia spesa sul nastro con lentezza da maschio (ma perché sono così lenti a mettere la roba sul nastro? È una disabilità legata al genere sessuale?), e non accenna a chiedermi se io voglia passare avanti. Capisco quasi subito perché: ha paura della mamma. Pelatino potrebbe passare per ultracinquantenne, ma osservandolo meno distrattamente è chiaro che sono quaranta mal portati, e che la donna che sta imbustando la spesa che lui lentissimamente mette sul nastro, la donna più elegante di lui, in trench e bassotto al guinzaglio, quella non è una moglie, macché: quella è la mamma. Una mamma che aveva sogni ambiziosi, e invece le è toccato Pelatino, che ha quarant’anni, ne dimostra cinquantacinque, ancora non se n’è andato di casa, e la cui volontà di potenza è ridotta a presidiare il nastro della cassa dell’Esselunga.

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Pelatino mi fa ricordare perché la zitellaggine maschile mi paia un abisso di disperazione. Quella femminile è uno stato di somma emancipazione: la femmina-zitella è una che non s’intimorisce se al pranzo di Natale la zia cattiva le chiede come mai solo lei non si sia ancora sposata, se persino la cugina che non si fa la ceretta ai baffi ha trovato un tapino; è una che non è disposta a fingersi non in grado di chiamare da sola il tecnico della caldaia; è una che eroicamente rifiuta di scendere a compromessi sulla trasmissione da guardare o il menu della cena. Il maschio-zitella è uno che se ne sta lì, con una rete di patate in mano, aspettando che sul rullo si liberino i centimetri quadri necessari ad adagiarla comodamente: una volta ha rotto due uova e la mamma l’ha cazziato, e quindi ora s’è convinto che nessun cibo si possa adagiare su un altro, che il sacchetto del pane sul rullo debba avere spazio per star comodo, tipo le galline negli allevamenti biologici.

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Quando ha finito d’invadere il nastro con la sua spesa stesa a occupare più spazio possibile, Pelatino raggiunge la mamma. Ed è allora che, sottovalutando la sua attenzione a quel territorio che gli è così caro, sposto le melanzane sopra i peperoni, così da liberare un pezzettino di nastro sul quale appoggiare le mie bottiglie. Pelatino vede, e torna indietro di corsa, urlando: «Non danneggi le mie cose! Sono mie!». Non le ho danneggiate, le ho spostate. «Lei le danneggia!». Certo: le melanzane si sono messe a piangere. La nostra cassiera ride. La cassiera a fianco mi fa lo sguardo «Ci vuol pazienza». Anche per oggi, l’unica donna nella vita di Pelatino resterà la mamma. Che intanto gli sta bisbigliando qualcosa (probabilmente: lasciala perdere, quella donnaccia). Finalmente l’occupazione del nastro è finita, e Pelatino digita il codice della carta; ma lo fa riparando la tastiera con una mano, tipo i calciatori che bestemmiano coprendo il labiale: se non vedo il pin, non potrò derubarlo dei suoi beni (dopo averli danneggiati).