C’è Paolo Limiti che chiede a Sandra Mondaini se è vero che non le dia poi così fastidio se Raimondo le fa «un cornino», e lei che risponde: «Dopo quarant’anni di matrimonio, già se ti mette un cornino vuol dire che è vivo». C’è Renato Pozzetto che monologa su quella con cui ha un appuntamento perché è da un anno che le ha prestato dei soldi, e nel maxischermo c’è la giovane Vanoni che canta L’appuntamento; lei gorgheggia «Amore fai presto, io non resisto», e lui «No, non resisto io, è un anno che devi ridarmeli». C’è Lola Falana che canta O’ sole mio (com’è possibile che nel 1973 fossimo così moderni da avere una soubrette afroamericana che cantava una canzone napoletana ed era favolosamente glam, com’è possibile che adesso una scena del genere sia immaginabile solo come parodia).

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Vittoriano Rastelli//Getty Images
Sandra Mondaini.

C’è il varietà come non se ne fanno più e ci sono quelli che proprio non ci puoi credere che non ci siano più (ogni volta che compare Lucio Dalla a me fa l’effetto d’una di quelle scene cinematografiche in cui ci sono ancora le Torri Gemelle: ci sono pezzi di paesaggio che dai per scontati, e invece a un certo punto vengono a mancare). C’è Renato Rascel che canta i bei tempi andati, quando la valle era più verde e c’erano le mezze stagioni e «una volta laureato ti si apriva una carriera, e adesso invece sì, buonasera», ed è il 1978, e quindi in quarant’anni non sono minimamente cambiate le cose di cui ci lamentiamo come fossero eterne novità, e chissà se la valle è mai stata verde. I “sembra oggi” sono tantissimi.

C’è Delia Scala che canta la spesa di quella che doveva comprare il formaggio grattugiato e si ritrova inghiottita dagli esotismi, «una scatola di rape cucinate in Portogallo: vuoi provarle quindi è chiaro che le sbatti nel carrello», e poi «c’è la bibita a cubetti e il gelato riscaldato, il prosciutto liquefatto, il melone condensato: tutte cose strepitose che ignorare non è bello»: era il 1970, non c’era ancora Eataly, ma già Delia Scala, proprio come noi, si dimenticava il formaggio per cui era andata fin lì, spendeva un sacco di soldi, e la sera non sapeva cosa preparare per cena. E c’è papà Raimondo Vianello disperato perché la bebè Sandra Mondaini gli ruba le tagliatelle, mentre mamma Iva Zanicchi non sente ragioni: non è possibile, ai bambini piacciono solo gli omogeneizzati, l’ha detto la tv (era il 1972: oggi le certezze gliele avrebbero inculcate nei gruppi di mamme su Facebook).

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Roberto Panucci - Corbis//Getty Images
Renato Zero.

Uno dei grandi misteri italiani è perché in quella che è l’alta stagione televisiva, cioè l’inverno, all’ora di cena ci tocchino quiz insulsi, quando potremmo avere un anno d’estate: quella stagione magnifica in cui all’ora di cena su Rai Uno c’è Techetechetè, ovvero gli archivi della Rai dragati alla ricerca di tutte le meraviglie con cui siamo cresciuti. In una puntata di qualche settimana fa hanno mandato una serie di esibizioni musicali del 1980. Quando avevo otto anni c’erano Amico di Renato Zero e Disco bambina di Heather Parisi, c’era Luna di Gianni Togni, e La mia banda suona il rock, e Futura. Se fossi in chi mette il canone in bolletta, lo concentrerei tutto nei mesi estivi, per farlo pagare più volentieri. Persino quelli che sostengono di non guardare mai la tv e di passare invece le serate a leggere Proust approverebbero: una tassa sulle madeleine.