Ho scoperto di recente che ci sono intere generazioni che non sanno chi sia Monica Vitti.  Che non sanno che il cinema italiano ha avuto un'attrice più moderna, stratosferica, capace di cambiare di tutte le altre, di tutto il mondo. Se le giovani volessero emendarsi da questa lacuna scoprendone lo splendore, raccomando caldamente di saltare la fase «mi fanno male i capelli», in cui la Vitti faceva i film di Antonioni col crisma dell'incomunicabilità  (quell'incomunicabilità che lei stessa poi, finalmente liberatasi e passata alle commedie, irrise in sketch e interviste).

Portrait, Long hair, Step cutting, Painting, Portrait photography, Bangs, pinterest
Getty Images
Monica Vitti in una foto del 1970.

Andate direttamente al momento di massima meraviglia della Vitti (che il 3 novembre compie 85 anni e si è ritirata dalle scene da decenni): quello in cui era una splendida quasi quarantenne, quello tra «Tua sono, e con me ti porterò fino alla tomba» e «Di che natura è il mio male? Ho avuto un trauma? Sono sotto shock? È un disturbo neurovegetativo? O è perché sono mignotta?». La prima è una citazione da La ragazza con la pistola: Carlo Giuffré l'ha fatta rapire per sbaglio, in realtà bramava sua cugina, ma Monica ora pretende il matrimonio riparatore e lo inseguirà fino in Inghilterra. Era il 1968 e Mario Monicelli trasformava la Vitti (e tutte noi) da vittima designata in rompicoglioni determinata. Il secondo dialogo viene da Dramma della gelosia (1970): lei domanda ragione del proprio amare due uomini; lo psicologo della mutua, moderno come si confaceva a una Vitti, risponde: «Oggi come oggi, è al di sotto della media».