Il peggio non sono le rughe, il peggio è quando ti chiamano "signora". Lo fanno all'improvviso, a tradimento: il giorno prima eri "la ragazza" («Ci pensi tu a servire la ragazza?»), il giorno dopo quell'altra roba lì. Come tua madre, come tua nonna quand'eri bambina e l'accompagnavi a misurare la pressione, come la vicina di casa con la gonna al polpaccio e i collant velati color carne. Signore tutte, senza distinzione. «Grazie per il signorina», dicevi per schermirti prima, quando credevi che durasse per sempre e ti sentivi così insensatamente figa da pensare che per qualche strano mistero genetico o grazia divina il tempo per te non sarebbe mai passato. Le cose, si sa, succedono sempre agli altri: le malattie, gli incidenti, la vecchiaia…

Quante ne abbiamo passate davanti a quello specchio?

Intimamente persuasa che tu saresti rimasta sempre lì, sul bordo estremo della giovinezza adulta, sdraiata comoda lungo la linea di frontiera che divide la quarantenne ben tenuta dalla cinquantenne "invecchiata di colpo" (quante volte l'abbiamo usata questa brutta espressione sparlando tra amiche?). Abituarsi al signora è più difficile che abituarsi alla nostra nuova faccia, ché quella ce l'abbiamo sotto gli occhi sempre e non ci sembra così cambiata (basta non riguardarsi nelle foto). Scrutandoci allo specchio siamo sempre noi. Quelle che a 15 anni si strizzavano i punti neri, a 18 scoprivano i miracoli del make up, a 23 il potere di una camicia sbottonata, le 25enni smaliziate, le 28enni innamorate, le 30enni incerte se comprare ancora l'idratante normale oppure quello con la scritta "antietà". Siamo le noi di sempre che guardiamo ogni mattina. Quante ne abbiamo passate davanti a quello specchio? Quante donne diverse siamo state, restando sempre noi? Noi ferme a un'età indefinita, né troppo giovane né troppo matura: l'età perfetta. Che non registra il tempo che va. Mentre le scritte della vita ci si tatuano addosso, i fibroblasti impigriscono, i radicali avanzano (i radicali liberi, che avete capito?, gli unici senza padroni in questa  società).

La giovinezza è bellezza. La giovinezza è potere

A vederci invecchiare sono gli altri, mica noi.
E come si permettono di chiamarci signore, proprio noi che ci eravamo giurate che non lo saremmo diventate mai? Com'è stridente il gap tra le ragazze che abbiamo preservato dentro e le donne che invece il mondo ha incasellato in comparti a scadenza. Sono comparti che ci vanno stretti, eppure ci adeguiamo. Invece di romperli, di modellarli sulle nostre sembianze, cambiamo i connotati per entrarci. Tiriamo, stiriamo, spianiamo, lisciamo. Com'è faticoso l'esercizio della giovinezza a oltranza. La giovinezza è bellezza. La giovinezza è potere. Questo ci hanno insegnato, e siamo state così sciocche da crederci. Pena la gogna dell'invisibilità. Almeno fino a ora. Perché qualcosa finalmente sta cambiando. Ce lo hanno detto Yasmin Le Bon, top intramontabile, che a 53 anni posa per Sisley con la figlia Amber e sembra una sua coetanea; 

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Isabella Rossellini, richiamata dalla maison Lancôme dopo 20 anni dal clamoroso "divorzio" per raccontarci una nuova bellezza disincagliata dall'età. 

Slow aging è il nuovo mantra. Non combattiamo il tempo, facciamocelo amico. Amiamolo. E portiamolo con gioia, come un vestito firmato.