Uccidere per la nazione. Uccidere per la religione. Uccidere per il controllo del potere. Uccidere per il denaro. Uccidere per la difesa della virilità. Uccidere, persino, per la fede calcistica, anche senza volerlo, solo perché tra tifosi si è esagerato un po'… L'eliminazione fisica dell'altro come soluzione al problema, come strategia per far valere, senza possibilità di replica, le proprie ragioni. È quello che sta succedendo a diverse latitudini, per motivi diversissimi e tutti odiosi e futili, in un'escalation che non conosce limiti.

In prima fila per l'accoglienza ai migranti

L'ultimo caso a Birstall, vicino Leeds, Inghilterra, dove la deputata laburista Jo Cox è stata ammazzata a colpi di pistola in strada, al grido di «Britain first», da un uomo di 52 anni, bianco, simpatizzante dei neonazisti Usa. Aveva quasi 42 anni Jo, un marito, due bambini piccoli e una visione etica e quasi «missionaria» della politica. Ex attivista di Oxfam, astro nascente dei Labour, era in prima fila per l'accoglienza ai migranti e un intervento rapido e mirato, a livello internazionale, per porre fine alla guerra in Siria. Era favorevole all'Europa unita, per questo è morta, a pochi giorni dal referendum che deciderà le sorti del suo Paese. Martire involontaria di una causa democratica, insanguinata secondo una logica squilibrata e barbarica. 

Razzia di vite innocenti

Il mondo lasciato in balia del fanatismo vestito di tanti credo e colori, che issa la bandiera dell'ideologia per scagionare istinti mediocri e criminali. Prima di Birstall era successo a Orlando, con la carneficina nel locale gay. Poi a Magnanville, quartiere tranquillo a ovest di Parigi, dove due poliziotti, marito e moglie, sono stati uccisi in modo brutale, lui in strada, lei nel suo appartamento, sgozzata davanti al figlio di tre anni, da un balordo senz'arte né parte, che si è appropriato del nome di Allah. Ora lo chiamano «jihadista solitario». Succede ogni giorno in Siria, in Nigeria, in tutti quei Paesi dove si fa razzia di vite innocenti per imporre un credo a cui si attribuiscono in modo arbitrario disegni di morte. 

Una donna che credeva in un mondo migliore

Quanto poco vale la vita se si perde così, per niente? O in casa, durante un litigio? O in un locale dove eri andato a divertirti? Non basta dire succede, è sempre successo: il male, il destino, la mela marcia… È la frequenza che fa impressione. E l'estremismo, l'efferatezza, la perdita di ogni umanità. Ogni venerdì in redazione ci troviamo a decidere come aprire il nostro Se ne parla, la sezione delle news. E sempre più spesso l'attualità ci impone di parlare di tragedie. Vorremmo sempre che fosse l'ultima. Non perché ci illudiamo che il bene alla fine trionfi, ma perché crediamo ancora che certi orrori insegnino all'uomo a non cadere in quella spirale di odio e dolore, sbagliando ancora, sbagliando di più. E invece l'asticella si sposta sempre più su. Per questo fanno effetto le parole di Brendan Cox, marito di Jo, che ricordandola ha detto: «Era una donna che credeva in un mondo migliore e che lottava a questo scopo ogni giorno della sua vita. Ora è il tempo di combattere l'odio che l'ha uccisa». E il bene certo che alla fine trionfa. Deve.