Questa settimana non ho l'auto. Un intoppo. Non mi serve neppure. Al lavoro posso andarci in treno, non ho impegni in agenda che mi richiedano l'uso di un mezzo non pubblico, non ci sono scioperi in programma. Nessuna tragedia. Eppure, eppure mi sento un po' così e se dovesse succedere qualcosa? Se mi dovesse venire improvvisamente voglia di usarla? Se, se, se potrei andare avanti ore perché per me, nata in periferia, a 18 anni e un minuto essermi iscritta alla patente è stato come conquistare la luna ma al contrario. Un grande passo per l'uomo, ops una donna, un piccolo passo per l'umanità. Ecco. Ecco perché da domenica non smetto di guardare video postati di donne al volante e non lo faccio per esorcizzare il mio arto fantasma, non lo faccio neppure perché un po' mi fanno commuovere (anche se lo fanno), lo faccio perché domenica 24 giugno 2018 è caduto il divieto di guida per le donne in Arabia Saudita e questo sì che è un grande passo per l'umanità.
La fine del divieto di guida per le donne in Arabia Saudita, unico paese che aveva ancora una limitazione di questo tipo, era stata annunciata lo scorso settembre, a inizio giugno sono state stampate e consegnate le prime patenti e lo scorso weekend, precisamente alle 00.00 di domenica 24 giugno 2018 si sono accesi i motori, non un minuto dopo. «È la sensazione più bella del mondo. Posso guidare fino a lavoro, accompagnare i miei figli, visitare il mio paese» uno dei tanti commenti rilasciati e trasmessi dalle tv di tutto il mondo. È la sensazione più bella del mondo. E non fatichiamo a crederlo.
L'abolizione del divieto di guida fa parte delle riforme per le donne introdotte dall’erede al trono Mohammed bin Salman con il programma Saudi Vision 2030 tra cui troviamo anche la possibilità di partecipare a concerti ed eventi sportivi e aprire un’attività imprenditoriale più facilmente. Grandi cose, nì. Almeno secondo molti osservatori e diverse organizzazioni internazionali che le hanno definite superficiali. Un grande passo, nì. Se si pensa che a fine maggio sette attivisti per i diritti delle donne sono stati arrestati, secondo altri attivisti per mettere a tacere i sostenitori dei diritti delle donne nel paese. Un primo passo, sì. Soprattutto per le prime duemila donne saudite che hanno ricevuto la patente a oggi e per le quali l’abolizione del divieto di guidare significa veder decadere uno dei più noti simboli della repressione e delle restrizioni che le donne subiscono nel paese. E significa averne la prova parcheggiata in garage. Significa per la prima volta poter scegliere tra la comodità di avere un'autista e l'autonomia di raggiungere il lavoro o un'amica senza chiedere. Significa ambire a essere le migliori e non le prime. Perché le donne saudite sono tutto tranne che rimaste indietro anzi. Per saperlo basta guardare i loro profili Instagram, leggere i loro blog, curiosare nelle loro vite di medici, architetti, insegnanti per scoprire che l'abaya è un simbolo di cui vanno orgogliose ma che non deve (più) essere necessariamente nero e che non devono (più) camminare un passo dietro all'uomo se non per spettegolare. O almeno si spera.
Domenica prossima recupererò la mia macchina e sarà passata una settimana da quando in Arabia Saudita le donne hanno incominciato a guidare. Probabilmente ora di allora saranno già meno elettrizzate di mettere le mani su quel volante, si sentiranno già più sicure a viaggiare per le strade di Riad e Gedda, i bambini si saranno già stufati di lamentarsi per come prendono le rotonde e i loro amici, fratelli, padri e mariti gli avranno già chiesto un passaggio di troppo. Domenica prossima salirò sulla mia macchina e cercherò di non dimenticarmi che mi è mancata, nonostante la coda, che troverò, ne sono certa.