Con il voto della Camera, dopo quello del Senato, è stata approvata la legge sulle unioni civili, nota come legge Cirinnà dal nome della senatrice Monica Cirinnà che ne è stata relatrice. La norma viene a riempire un vuoto legislativo che faceva dell'Italia un fanalino di coda per i diritti civili in Europa. C'è da sottolineare che siamo dinanzi a una legge che fa storcere il naso a molti, anche in seno alla comunità lgbt (lesbica, gay, bisessuale e transessuale), perché è un testo molto annacquato rispetto alla proposta originale che aveva una sua completezza. C'è chi l'ha accolta con un «meglio che niente», chi con «meglio niente che questo pasticcio» e chi ha gridato alla fine della famiglia tradizionale (strepiti, questi ultimi, che non si sentono certo quando si parla di divorzio, ma tant'è).

Quali sono i punti salienti della legge Cirinnà? La legge è divisa in due parti: una riguarda le coppie dello stesso sesso che vogliono unirsi civilmente; l'altra riguarda tutte le coppie (tanto etero quanto omo) che vogliono formalizzare il loro essere coppia di fatto.

Le unioni civili, per le coppie dello stesso sesso

Per quel che riguarda le unioni civili si parla di «formazioni sociali specifiche» in modo da non confonderle con il matrimonio. Una coppia di persone dello stesso sesso che vuole unirsi civilmente si presenta «di fronte all'ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni» e l'atto viene registrato «nell'archivio dello stato civile».

Le coppie unite civilmente possono optare per la comunione o la separazione dei beni, concordano «l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune» e «per la durata dell'unione civile, possono stabilire di assumere un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome».

Non c'è obbligo di fedeltà come per il matrimonio eterosessuale, ma c'è quello «all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione» e ognuna delle due parti deve contribuire ai bisogni comuni della coppia.

E ancora: la pensione di reversibilità e il Tfr maturato spettano al partner dell'unione mentre per la successione valgono le stesse norme dei matrimoni (la "legittima" – cioè il 50% – al partner superstite e il restante a eventuali figli).

La legge esclude in maniera esplicita l'adozione di minori, siano essi in un istituto che figli biologici di uno dei due partner (è la cosiddetta stepchild adoption), fermo restando che i giudici possono stabilire diversamente (come di fatto accade).

E se una coppia dello stesso sesso unita civilmente vuole separarsi? È sufficiente che uno dei due componenti la coppia dichiari la volontà di voler sciogliere l'unione dinanzi all'ufficiale competente e attendere tre mesi perché l'unione sia sciolta.

Le convivenze di fatto, aperte a tutti

La seconda parte riguarda le convivenze di fatto, che può essere costituita dinanzi a un notaio o avvocato (è il «contratto di convivenza»): nel contratto si può inserire la residenza, il regime patrimoniale e via dicendo.

I conviventi di fatto possono assistersi vicendevolmente in ospedale e in carcere; in caso di morte di uno dei due partner, il superstite ha diritto di subentrare nel contratto di locazione mentre se a morire è il proprietario della casa, chi rimane ha diritto di rimanere in quella dimora per un periodo tra i due e i cinque anni, a seconda della durata della convivenza stessa. Vengono normati anche gli alimenti e la modalità di interruzione del contratto di convivenza stesso.