«Perché piangi a papà?»

«Non me ne voglio andare, voglio restare qui a casa di Davide». 

«Guarda che siamo ospiti da tre giorni, dobbiamo ancora fare il viaggio di ritorno e domani c'è scuola». 

«Non voglio». 

«Amore mi dispiace, lo so che tra voi si è creato un feeling». 

«Che cosa è?»

«E' una parola inglese che usiamo comunemente anche noi e significa sentire». 

«Che devo sentire?»

«Le stesse cose che sente Davide. Quando due persone vivono le stesse emozioni e sensazioni si dice che tra loro c'è feeling».

«E che succede?»

«Che si gioca per ore senza litigare, ci si trova d'accordo sempre su cosa fare e si sta bene».

«Se me ne vado non sento più il feeling?»

«Quello resta, anche a distanza, e poi il mese prossimo ritorniamo non preoccuparti, c'è feeling anche tra noi grandi».

Sono stato ospite per tre giorni con la mia famiglia a casa di amici che non vedevo da anni e i nostri figli si sono conosciuti per la prima volta. Il mio primogenito, di quasi nove anni, e il loro di 12 sono stati così bene insieme che, al momento della partenza, si sono gettati in un pianto disperato. Non era il solito capriccio dei bambini che non vogliono andare a casa, ma qualcosa di più. Sono rimasto pietrificato perché avvertivo il dolore di entrambi nel non volersi lasciare. Sarà stata la passione comune per i Lego, sarà perché hanno trovato nell'altro il fratello desiderato con cui non si litiga mai, sarà per gli stessi gusti televisivi. Quelle lacrime dichiaravano l'importanza della reciproca scoperta.

 Che bello quando c'è feeling con un'altra persona: il lavoro diventa meno pesante, la musica più leggera, una gara più facile da affrontare e l'amore diventa un progetto di vita insieme.

«Papà, ma tu con chi hai feeling?»

«Paolo, Giulia, Ivan, Mimmo, Paola…»

«E con la mamma?»

«Con lei c'è tanto di quel feeling che sei nato tu e tuo fratello».