Non c'è scuola che si salvi: con la ripresa dell'anno scolastico tornano a fiorire i gruppi WhatsApp e con essi discussioni e polemiche. Non fra ragazzi, ma fra genitori. Basta un nulla per innescare una scia di commenti a ruota libera, dalla maestra che dà troppi compiti, «al bambino che disturba in classe, indicato con nome e cognome, a dispetto di qualsiasi salvaguardia della privacy», dice Marta, un figlio in prima elementare. Ce n'è abbastanza perché i presidi, stanchi di sedare risse, passino al contrattacco, "consigliando" ai genitori di non eccedere con le esternazioni su WhatsApp. Oppure (i più diplomatici) organizzando incontri con esperti e psicologi «per sfruttare al meglio le chat e la loro capacità di aggregazione», spiega Giuseppe Soddu, preside del liceo Parini a Milano.

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«Oggi le madri cercano di compensare l'assenza fisica dovuta al lavoro con una continua presenza virtuale», spiega la psicologa Laura Turuani, autrice del libro Mamme avatar (Rizzoli, pp. 288, € 13). «Intervengono in ogni questione che riguardi i figli per anticiparne i problemi. Un atteggiamento deleterio, soprattutto quando si parla di scuola. Dovrebbero imparare a mantenere un sano distacco emotivo e a smorzare i toni». Il rischio, infatti, è commettere gli stessi errori che rimproverano ai figli, cioè offendere o esprimere giudizi eccessivi, con linguaggio contrario a ogni canone educativo. «Una conseguenza dell'imbarbarimento del linguaggio propiziato dai nuovi media», aggiunge il direttore generale del Moige, Antonio Affinita. «Alcuni genitori pensano che la chat offra loro una sorta di immunità». In questo contesto diventa fondamentale il ruolo del moderatore, che deve richiamare alle regole chi sgarra. E, se non capisce, espellerlo.