Dieci anni fa, quando il mio ex marito e io ci siamo separati, è stato traumatizzante sostituire una relazione fatta di amore, promesse, consuetudini con un un file Excel fitto di corvée che regolano il tempo con i figli. Solo con gli anni ho realizzato che se la tua ex metà non è una persona collaborativa e rigorosa, tanto più la tabella è dettagliata e pedante, tanto migliore è la tua vita. Separandoci in regime di affido condiviso, io e il padre dei miei figli abbiamo sottoscritto davanti al giudice l'impegno a trascorrere coi ragazzi i loro compleanni e il giorno di Natale. Le vacanze invernali le abbiamo spezzate in due, un Capodanno a testa come la Pasqua. Per l'estate si è fissato l'obbligo generico per ciascuno di portare in vacanza i figli, notificando all'altro i programmi con un determinato preavviso. 

Affido condiviso? Non sempre funziona

Altrimenti? Altrimenti niente: se una separazione o un divorzio avvengono per via consensuale la vera verità è che nessuno può redarguire il genitore inadempiente, se non il giudice (ma già è difficile invocarlo per le questioni economiche...). Sicché succede che, per estenuazione e soprattutto per il bene dei figli, se uno dei due non è ligio alla regola, l'estate è sostanzialmente a carico del genitore presso il quale il giudice ha assegnato la residenza dei figli. Cioè la sottoscritta, alla faccia dell'affido condiviso. La no man's land tra giugno e settembre, per definizione anarchica e deregolamentata, è stata per il padre dei miei ragazzi la palestra in cui si è allenato a disattendere impunemente molti dei suoi obblighi e in cui io ho verificato l'inutilità di ogni mio sforzo per impedirglielo. 

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Già, perché mentre io, anno dopo anno, davo fondo ai miei risparmi per garantire una vacanza al mare ai figli (un po' con me e il mio compagno, un po' con la nonna, se io lavoravo), più il tempo della vacanza col papà si ritirava come un golfino infeltrito: due settimane sull'Adriatico, una settimana in montagna, cinque giorni a Parigi, tre a Roma... Le scuse erano variegate: non ho soldi, non ho giorni di vacanza, li porti via proprio quando potevo io. E più le sue ferie coi figli si contraevano, più io cercavo di compensare con le mie, scorciando le distanze e l'appetibilità delle destinazioni, sacrificando anche le ferie col mio compagno, pur di allungare quelle dei ragazzi senza rischiare il tracollo finanziario. E comunque le vacanze scolastiche durano tre mesi, un periodo troppo lungo da trascorrere fuori città.  

Le fatiche estive di una mamma separata

Sicché ogni anno toccava anche organizzare le loro giornate con campus e centri estivi. Sistematicamente, io trovavo e comunicavo soluzioni, mentre lui latitava fino al momento di versare la sua quota, che io anticipavo, e poi contestava la scelta: troppo cara, pretenziosa, diseducativa (gli andava bene l'oratorio, peccato che i ragazzi non siano nemmeno battezzati). Da quando hanno finito le elementari, non inventa più scuse: per lui sono abbastanza grandi da stare da soli. Ma non è un mistero che due adolescenti senza custodia tendano a bazzicare in giro coi coetanei senza dare notizie di sé, nutrendosi di porcherie, o in alternativa si lascino morire di inedia sul divano, storditi da youtuber decerebrati. Fatto sta che da allora, coll'ausilio prezioso della nonna, d'estate sono diventata la detentrice di un affido esclusivo di fatto. Anche se ogni tanto mi verrebbe voglia di mandarli in vacanza dal giudice.