L'ultimo mostro sbattuto in prima pagina, il virus Zika, inchioda i bambini a un destino di malformazioni terribili. In realtà è un virus antico, lo conosciamo dal 1947 – venne isolato in un primate, in una foresta ugandese (donde il nome) – con cui abbiamo sempre convissuto pacificamente. Se oggi ci accorgiamo di lui è perché si è diffuso a macchia d'olio in Oceania, specie in Polinesia Francese e Nuova Caledonia e, più di recente, in Brasile. Si calcola che da ottobre 2015 a oggi abbia contagiato più di un milione e mezzo di persone; al momento è presente in almeno 33 Paesi, inclusi gli Stati Uniti. In Italia finora abbiamo avuto pochissimi casi, tutti importati dall'estero.

COME SI TRASMETTE 

Zika, proprio come Ebola, è una zoonosi: una malattia che ha fatto un salto di specie, in questo caso dalle scimmie a noi. Ma per spostarsi ha bisogno di un vettore, la zanzara Aedes Aegypti, che lo "pesca" dal sangue di una persona infetta e lo attacca alla vittima successiva. «Aedes Aegypti un tempo bazzicava l'Italia, ora non c'è più», spiega Fabrizio Pregliasco, virologo del dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell'Università di Milano e direttore sanitario dell'Irccs Galeazzi. E la zanzara tigre, che invece abita dalle nostre parti? «Non ha ancora imparato a trasportare il virus. Mentre la trasmissione per via sessuale o tramite trasfusioni resta una modalità rara». Per i luoghi in cui Aades Aegypti non c'è, dunque, provvisorio sospiro di sollievo.

CHE COS'È 

In sé è un virus banale: asintomatico una volta su quattro, nel resto dei casi somiglia a un'influenza con congiuntivite. Solo molto raramente dà complicanze gravi (come la sindrome di Guillain-Barré, una malattia neurologica). Il problema è che Zika può danneggiare il cervello dei feti. Ciò che lo rende un nemico subdolo è che non lo fa con certezza: «Fin qui abbiamo tratto le nostre conclusioni ragionando sui grandi numeri», dice Pregliasco. «Osservando 28.000 casi in Polinesia abbiamo visto una quota di bambini, nati da madri che a inizio gravidanza avevano preso Zika, sviluppare microcefalia e altri danni al cervello. Abbiamo anche osservato che in certe zone del Brasile dove Zika è diffuso, negli ultimi mesi la microcefalia è cresciuta di 40 volte; il ministero della Salute brasiliano parla di 4.780 casi allo studio. Ma la correlazione con il virus e i meccanismi esatti dell'infezione non sono ancora chiari».

QUANDO SI SCOPRE 

La diagnosi prenatale al momento «è in buona sostanza complicata», allarga le braccia Luca Mandia, ginecologo dell'Università di Milano in forze al Sacco, l'ospedale di riferimento per Zika in tutto il Nord Italia. «La verità è che al momento non ne sappiamo abbastanza». Il punto, continua Mandia, è che «la microcefalia o altri danni al cranio si scoprono con l'ecografia solo nel terzo trimestre di gravidanza. Prima le donne non si accorgono di nulla: i sintomi di Zika sono quelli di una sindrome influenzale, a nessuna verrebbe in mente di farsi il test. E se anche, proprio tramite il test, una donna scoprisse di aver preso il virus a inizio gravidanza, quando può fare danni maggiori, come dovrebbe comportarsi? Visto che il dato non è certo, avrebbe senso ricorrere a un aborto "preventivo"? Per evitare inutili allarmismi aggiungo che Zika è meno pericoloso, per esempio, della rosolia. Danneggia meno di un bambino su cento, e di mezzo ci sono diversi passaggi obbligati: che la madre lo prenda, che passi la placenta, che si trasmetta all'embrione. Infine, che gli faccia del male».

COSA FARE 

La notizia migliore (per l'Italia) è anche la più semplice. Continua Mandia: «Finora non abbiamo visto pazienti». Le leggi che da noi limitano l'aborto terapeutico alla 20esima settimana, nel caso potrebbero essere un problema: non è difficile immaginarsi coppie disperate in fuga all'estero, per esempio in Francia o in Inghilterra, dove negli ospedali appositi comitati etici valutano la possibilità di aborti tardivi in situazioni speciali. Nei Paesi più colpiti da Zika, e in America Latina in generale, peraltro il divieto di aborto è assoluto (eccezioni: Guyana, Cuba, Uruguay).

LE SOLUZIONI 

Mentre l'Onu si appella ai Paesi-bersaglio perché liberalizzino l'aborto, Papa Francesco apre invece alla contraccezione: «In certi casi evitare la gravidanza non è un male assoluto». Secondo le linee guida del Cdc, il Centro per la prevenzione e controllo malattie Usa, chi viaggia dove Zika impazza «dovrebbe posticipare la ricerca di una gravidanza di otto settimane»: tanto servirebbe al virus a scomparire dal sangue, mentre nel liquido seminale potrebbe sopravvivere più a lungo. La visione di David Quammen, esperto mondiale di malattie infettive e autore del bestseller Spillover (Adelphi) su Ebola e altre zoonosi, è piuttosto drastica: «Se avessi una figlia che vuole andare in Brasile le consiglierei di rimandare la vacanza all'anno prossimo». E se fosse un'atleta in gara alle Olimpiadi di agosto? «Le farei giurare che prenderà ogni precauzione per evitare una gravidanza mentre è là».

OLIMPIADI A RISCHIO? 

Pregliasco è più rassicurante: «Le Olimpiadi possono essere gestite. Il primo obbiettivo è diminuire il numero di zanzare: in Brasile hanno già messo in atto una bonifica ambientale pesante, con l'aiuto dell'esercito. Anche i comportamenti individuali contano, e certi spray protettivi funzionano molto bene». E un vaccino? «Servono mesi o anni», spiega Luca Mandia. Una volta messo a punto «potrebbe essere proposto a chi desidera una gravidanza, esattamente come accade per la rosolia».

IL FUTURO 

Guardando avanti non dobbiamo chiederci se ci sarà un'altra zoonosi, ma quale sarà. Ci ricorda David Quammen: «Zika è arrivato in Brasile nel 2014, proprio nel sangue degli atleti della Polinesia francese, poi è stato trasmesso ad altri umani da una zanzara. Nel 2012 abbiamo avuto la Mers, l'anno scorso Ebola, ora questo. Il nemico del prossimo futuro potrebbe essere qualcosa di simile alla Sars. Per quanto temibili, questi virus non sono una sfortuna cosmica. Semplicemente, per loro noi esseri umani rappresentiamo un'occasione troppo ghiotta, la preda perfetta: siamo in tanti, ci spostiamo tantissimo». È la vita moderna, bellezza.