Alcuni ne hanno troppo, altri troppo poco, tutti temono di perderlo. Lo stress da lavoro è la malattia dei nostri tempi: colpisce 40 milioni di persone in Europa. Un esercito di ansiosi, depressi, disillusi, esauriti. Qui si parla di come difendersi.

Sono soprattutto donne. Molte lavorano troppo. Altre non lavorano affatto. Tutte risentono di una crisi che, a detta degli esperti, non ha precedenti nella storia. «L'instabilità ha ridisegnato i rapporti aziendali, perché la mancanza di soldi e lavoro – effettiva o vissuta come una spada di Damocle per il clima d'insicurezza generale – non è più considerata un evento transitorio che colpisce alcune fasce della popolazione, bensì qualcosa di permanente, trasversale e di massa», spiega la psicologa Marialuisa Menegatto, del Dipartimento di filosofia, pedagogia e psicologia dell'Università di Verona e autrice del libro Le società degli indifferenti (Carocci).

«Nell'indagine European working condition 2015, voluta dall'European foundation, mentre il 40 per cento dei dipendenti intervistati afferma di sentirsi nervoso, stressato e sottoposto a crescente pressione, il 20 per cento dichiara che probabilmente non riuscirà a mantenere un posto stabile fino all'età della pensione. E questo al di là dalla professione, dal ruolo e dall'età. Il nodo è quindi la trasversalità dell'insicurezza, che coinvolge tutte le figure professionali, dall'impiegato al manager, e tutti i tipi di azienda, le età e i livelli d'istruzione».

MAL DI LAVORO

Chi per eccesso e chi per mancanza, quindi, tutti ci troviamo di fronte a un nuovo mal da lavoro, generato dall'insicurezza. «Un problema che riguarda non solo chi è disoccupato, ma anche chi un impiego ce l'ha e, oggi, si sente obbligato ad accettare qualsiasi cosa pur di non perderlo». Orari dilatati, riduzioni degli stipendi, revisione dei contratti al ribasso, incarichi plurimi da svolgere sotto organico, livelli minimi di rendimento spostati costantemente verso l'alto. Il sacrificio diventa dictat in un contesto dove sembra di non fare/dare mai abbastanza. «In questa situazione, mentre la disoccupazione è disgregante (il manager licenziato perde anche uno stato di appartenenza e deve cambiare il suo senso d'orientamento nella società), l'occupazione sviluppa comunque malessere.

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Dati clinici dimostrano infatti un aumento dei disturbi dell'umore e il dilagare di emozioni negative (rabbia, tristezza, paura), che favoriscono lo sviluppo di malattie. E mentre la riduzione dell'autostima – diffusissima tra i giovani che passano da uno stage all'altro senza mai ottenere un posto equamente retribuito – può dare problemi psicosomatici come ansia, attacchi di panico e insonnia, gli stessi disturbi affliggono chi svolge la sua professione in continuo stato d'urgenza. Insomma, è un cane che si morde la coda: il lavoro genera malessere, il malessere genera depressione e la depressione (che secondo l'Oms diventerà entro il 2020 la causa principale di disagio psicosociale) rende molto più difficile stare o rientrare nel ciclo produttivo. Così i suicidi per crisi economica aumentano, non più solo tra imprenditori in fallimento, ma anche tra impiegati, operai e manager». La morte, oggi più che mai, spiana le differenze.

RITROVARE ENERGIA POSITIVA

La chiave per disinnescare l'ordigno secondo gli esperti è smettere di provare paura. Per prima cosa riconoscendo di averla: molti, infatti, camuffano il panico da futuro incerto sotto le sembianze della rabbia, della competitività, del cinismo verso i colleghi. Invece, riconoscere che si teme di perdere, assieme ai soldi e al posto, anche la propria identità, è già un grosso passo avanti.

«È fondamentale condividere i timori con persone di fiducia (colleghi nella stessa situazione o amici, parenti, partner), perché rendersi conto che non siamo i soli a soffrire aiuta a non cadere nei pensieri ruminativi, cioè in quelle catene di elucubrazioni per cui le paure generano dubbi, i dubbi generano altre paure e si entra in una spirale devastante. Inoltre è importante ricaricarsi di buone energie in luoghi sereni: palestre, centri di meditazione, scuole di canto o di disegno… Più il posto di lavoro in questo momento è malsano, nel senso che genera male e disagio, più è basilare frequentare ambienti dove trovare positività e allegria. Attenzione però a non ricadere nel tranello della performance: il tempo libero va svincolato dalla logica della prestazione e dalla necessità di raggiungere dei risultati».

L'INCUBO RIENTRO

Se il pensiero di rientrare dalle ferie è un incubo, probabilmente si è già vicini al burnout, termine creato dallo psicanalista americano Herbert J. Freudenberger per indicare l'esaurimento professionale che, come un incendio interiore, lascia le persone svuotate. I sintomi, spesso simili a quelli della depressione, includono confusione, stanchezza costante, alterazioni dell'umore, irritabilità, diminuzione dell'autostima.

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Negli Usa, già esperti nella lotta contro il fenomeno, molte aziende corrono al riparo attivando per i dipendenti percorsi di mindfulness e proponendo giornate di pratiche antistress guidate da esperti di meditazione e training autogeno. Utile anche praticare discipline soft (e non a livello competitivo) come yoga, qi gong, tai chi, nuoto, trekking, biking e jogging nella natura.

STRATEGIE ANTI INCENDIO

Essere consapevoli di ciò che si prova consente di capire quando ci si avvicina al burnout e di fermarsi in tempo. Ecco qualche esempio pratico.

• Subissata dalle richieste, sei diventata nervosa e irritabile. Riconosci in queste reazioni un campanello d'allarme ed esercitati a bloccare il flusso delle pretese esterne in modo assertivo. Per esempio, puoi comunicare agli altri che non risponderai alle mail per un'ora, perché stai svolgendo un lavoro urgente, così potrai dedicare loro piena attenzione più tardi. Il trucco è dire no senza creare tensioni, trasmettendo affidabilità e autorevolezza.

• Stai leggendo l'ennesima mail su un problema che ha generato polemiche. Invece di abboccare all'amo inviando un'altra risposta scritta – che facilmente implementerà i fraintendimenti – spezza la catena e usa il telefono. Oppure alzati e vai a parlarne di persona.

• Se lavori sempre in stato d'urgenza, proprio quando ti sembra che ti manchi il tempo di fare anche una minima pausa, fermati e resetta tutto. Prendi l'agenda e calendarizza le attività, dando priorità agli impegni importanti e mettendo in coda quelli che sono solo urgenti. Ridare il giusto valore alle cose non solo libera tempo, ma motiva anche gli altri a rispettare ritmi corretti.

• La collega che t'interrompe di continuo, quella che parla a voce spiegata o chiacchiera senza tregua al telefono…: osserva gli elementi che ti irritano. Di solito sopporti per non reagire negativamente? Prova a leggerli invece come avvertimenti: forse devi organizzare in modo diverso i tuoi rapporti e le modalità d'azione.