Da quando, un paio di anni fa, Gigi Hadid rivelò di soffrire del morbo di Hashimoto, causa delle sue oscillazioni di peso, le malattie della tiroide sono diventate anche tema di gossip. Certo è che di questa ghiandola endocrina dalla forma a farfalla, situata davanti a laringe e trachea, se ne parla sempre di più. Con gli italiani affetti da qualche disfunzione tiroidea arrivati ormai a 6 milioni e le patologie apparentemente in continuo aumento. «È vero, sembrerebbe un’epidemia: una parte significativa della popolazione ha problemi legati alla tiroide», dice il professor Paolo Vitti, presidente della Società italiana di endocrinologia, responsabile scientifico e coordinatore della Settimana mondiale della tiroide, che si svolgerà dal 21 al 27 maggio. «Per molti si tratta di patologie subcliniche. I medici le riscontrano quando prescrivono esami per sintomi generici come stanchezza, aumento di peso, ansia. Anche il maggior accesso alle ecografie rileva forme lievi: ci controlliamo di più e pure la tiroide è sotto osservazione».
Tanti fattori da valutare
Interpretare i sintomi è difficile: «L’associazione tra il malfunzionamento della tiroide e l’aumento di peso non è spesso vera», spiega Vitti. «Ansia, stanchezza, incapacità di programmare cose sono condizioni generiche, e più che fare chiarezza possono confondere. È vero che la pelle, con unghie e capelli, è tra le prime parti a essere interessata dai disturbi della tiroide: diventa pallida, secca e fredda nel caso di ridotta produzione di ormoni o, al contrario, liscia, umida e arrossata, ma questo succede se la patologia è in fase avanzata. Nel caso di ipertiroidismo autoimmune, come il morbo di Basedow, che colpisce le giovani donne, i sintomi si instaurano rapidamente; mentre l’ipertiroidismo legato a carenza di iodio ha origine subdola per comparire poi, in età avanzata, con il gozzo». Anche vari disagi che iniziano con la menopausa possono essere confusi come sintomi di ipotiroidismo: intolleranza al caldo, insonnia, palpitazioni o irritabilità vanno valutate attentamente.
Fare gli esami, comunque, è solo il primo passo perché, come la pratica clinica ha dimostrato, a parità di risultati di laboratorio possono esserci differenze significative. «Le linee guida che stabiliscono i valori normali degli ormoni tiroidei costituiscono la base della diagnostica, ma non raccontano in toto la funzione della ghiandola», dice l’endocrinologa Serena Missori, da poco in libreria con La dieta della tiroide (Lswr Edizioni).
«In genere si controllano i valori dell’ormone T4 (tiroxina): se è alto può indicare ipertiroidismo, se è basso la tiroide funziona poco. Ma l’ormone attivo a livello cellulare è il T3, che può rivelarsi basso e segnalare un possibile ipotiroidismo anche con valori ottimali di T4 o Tsh (la sostanza che stimola la tiroide a produrre ormoni). Inoltre, la forbice che definisce il range di normalità è molto ampia: per il Tsh, per esempio, è tra 0,15 e 3,5, eppure le persone si sentono meglio quando è tra 1 e 2. Non va poi sottovalutato il reverse T3: è una forma di ormone tiroideo prodotta dal T4 che può rallentare il metabolismo. Se è alto può dare sintomi di ipotiroidismo anche se i livelli di Tsh e T4 sono ottimali. In ogni caso, dovremmo pensare alla tiroide non come a un organo statico che sta nel collo e produce ormoni, ma come a una ghiandola in relazione con altri fattori, dal ciclo mestruale alla singola costituzione, e con altri organi, dall’intestino al fegato. Insomma, il malfunzionamento della tiroide è solo la punta dell’iceberg di un problema più complesso», continua Missori.
La terapia inizia a tavola
Il metodo Missori-Gelli spiegato nel libro svela proprio la connessione tra tiroide, intestino, stress e peso. «Se l’intestino è infiammato o c’è una disbiosi, l’assorbimento di micronutrienti indispensabili per la formazione di ormoni tiroidei può risultare alterata. Invece di intervenire solo sulla tiroide, è utile pensare a una dieta che ripristini un sano microbiota. Anche lo stress, aumentando il cortisolo, ha un impatto negativo sulla tiroide; così come gli estrogeni: il loro aumento spesso rallenta la funzione della ghiandola, problema che si può arginare con un regime alimentare in grado di ridurli», spiega l’endocrinologa.
La tavola, allora, diventa un aiuto per ridurre i disturbi della tiroide “difettosa”, con cibi antiinfiammatori e nutrienti essenziali utili al suo buon funzionamento: iodio, selenio, zinco, ferro, vitamine B, A e D, omega 3 e amminoacidi. Ma il menu va personalizzato, perché in base alla costituzione individuale gli alimenti possono avere effetti diversi: «L’assunzione di pesce va aumentata nell’ipotiroidismo, ma diminuita in caso contrario», dice Missori. Anche la terapia con pillole a base di ormone tiroideo (tiroxina) spesso non basta. Un recente studio americano, infatti, rivela che nel 20 per cento dei casi trattati con tiroxina il dosaggio del farmaco si rivela incongruo, generando proprio il problema opposto.
La Settimana mondiale della tiroid: controlli gratuiti
La Settimana mondiale della tiroide 2018 si svolge dal 21 al 27 maggio 2018 per promuovere la cura e la prevenzione delle malattie di questa ghiandola, importantissima per il buon funzionamento del metabolismo, del cuore, il benessere delle ossa e l’energia (info per visite gratuite e iniziative: settimanamondialedellatiroide.it).