Le liste sono giornate spuntate con l'inchiostro. Giuliana le adorava, ci annotava pure misure in metri quadri e nomi di legni per il parquet. Faceva l'architetto, progettava tutto con la grazia rigorosa di un'artista. Per dieci anni è stato così. Uno schizzo di felicità dalle tinte pastello. Ci siamo sposati a 35 anni senza ambizioni: nessun figlio, nessuna scalata del Catinaccio per far carriera. Siamo rimasti in due seguendo il destino delle cose. Poi ci siamo anche persi un po'. Mio padre era mancato, Giuliana aveva problemi con i colleghi dello studio e si è licenziata. Chiusi in diversi dolori, lei si è trasferita da sua madre in Liguria per sette mesi. A fine estate, davanti a un caffè, mi ha detto che aveva bisogno di tornare a vivere con me. Mi chiedeva dove avessi messo il servizio da tè celeste, i suoi libri universitari. Mi sembrava gelosa della sua casa. Una sera di ottobre passava da Milano ma si sentiva stanca per ripartire in treno ed è rimasta da me. 

La mattina l'ho lasciata che dormiva, la sera l'ho trovata stralunata.

La diagnosi di Alzheimer precoce

Giuliana non faceva più liste. Me lo ha detto quando l'ho presa in giro («Bella vita eh?»). Appuntamenti-ceretta-aperitivi-riunione: ora basta. Avrei voluto chiederle di noi ma non ce la facevo: mi sembrava un animale ferito. Dopo una settimana è ritornata per sempre. Aveva i capelli disordinati e una grande valigia. Mi ha abbracciato. 

Il medico le aveva confermato la diagnosi di Alzheimer precoce. Poteva frenare gli effetti con lo sport, l'alimentazione. Poteva vivere ancora degli anni. Giuliana ne aveva 47.

I problemi in studio con i colleghi erano dipesi dalla sua malattia: iniziava ad aver vuoti di memoria e lei dava la colpa agli altri. Il suo rigore perfezionista era inciampato e non riusciva a perdonarsi.

Da quella sera a oggi, il Catinaccio credo che l'abbiamo scalato eccome: ho chiesto sette mesi di aspettativa in ufficio per starle accanto la mattina in cui nel cassetto delle posate ho trovato un bloc notes. Era fitto di liste. E ho pianto. C'era la cronaca del nostro innamoramento trasformato in elenco. Il nome dell'albergo dove abbiamo litigato ad Amsterdam e poi deciso di sposarci. La ricetta del salame al cioccolato che le chiedevo sempre. Lo schizzo della favola di Pollicino di sua nonna. Il titolo e il sottotitolo della sua tesi. I tre nomi completi di sua madre: Egle, Matilde, Margherita. L'indirizzo di casa nostra. 

C'erano pure tre indicazioni al centro della pagina: camicia a righe in seta di Paul Smith, jeans a zampa, stivaletto nero.

Con lei ora si alternano due badanti

Giuliana dormiva molto tempo, a volte lasciava il gas aperto. Ma ho deciso di tornare a lavorare quando ho accettato un po' di più la sua malattia. Lei ha provato a lavorare da casa ma poi ha smesso. Con lei ora si alternano due badanti. Il futuro senza ambizioni mi ha tirato un rovescio: invecchiare con lei era la mia vera ambizione. Avrei dovuto ammetterlo più spesso per realizzarlo? Chissà.

Una sera ho aperto una scatola, casa nostra è piena e io ormai cerco sue tracce ovunque. C'erano tappi di sughero ricoperti di date, sigle, linee a penna. Quando si è innamorata di me aveva smesso di dire: «sono astemia». Era la sua strategia per non perdere il controllo. Così, per tornare a quella prima cena mi chiede un calice qualche sera, lo riempie, magari non beve. 

A volte piange, ha paura di "non riconoscermi più".

Altre mi chiede di aiutarla a scegliere un vestito che la allontani dallo spazio bianco. Io scelgo sempre camicia a righe di seta Paul Smith, jeans a zampa, stivaletto nero. Non ho capito perché li abbia annotati ma quella lista, oleosa quanto la vita, ormai è anche la mia.

alzheimer-precoce-still-alice-film-julianne-moore-locandinapinterest

 Nella foto in alto e nella locandina qui accanto, Julianne Moore, Oscar alla migliore attrice protagonista per Still Alice, il film del 2014 in cui interpreta una donna che si ammala di Alzheimer alla soglia dei 50 anni.