Il linguaggio del corpo vale più di tante parole. Toccarsi i capelli, giocherellare con gli anelli, accavallare le gambe, sfiorarsi le orecchie, inarcare le caviglie, mordersi il labbro... Ciascun gesto comunica qualcosa, che lo vogliamo oppure no.  Il linguaggio non verbale è responsabile di almeno il 90 per cento della comunicazione. Le parole, in definitiva, contano davvero poco rispetto a quanto possiamo esprimere con i gesti, la postura, l'intensità dello sguardo o il tono della voce. Con l'aiuto di Marco Vitiello, docente di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni all'Università Sapienza di Roma, dell'Ordine degli Psicologi del Lazio, cerchiamo di capire quanto siamo in grado di comprendere il linguaggio del corpo e come lo possiamo migliorare. 

Le parole non bastano, ci servono altre informazioni

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Quando entriamo in contatto con una persona cerchiamo immediatamente di capire non solo quello che ci dice, ma quello che intende davvero dire. Dove vuole andare a parare. È una forma di tutela con la quale cerchiamo informazioni complementari rispetto a quelle che assumiamo ascoltando le parole. Tutti siamo più o meno dotati della capacità di cogliere questi meta-messaggi dall'espressione del viso, dalla gestualità o dalla postura. Certo è che i codici validi in una cultura non lo sono necessariamente in un'altra. È normale che un tedesco possa fraintendere il nostro gesticolare, mentre per noi italiani è una forma di comunicazione del tutto acquisita. 

Per il corpo è più difficile mentire

Più difficile risulta controllare il linguaggio del nostro corpo. Certo, esistono gli imperturbabili, persone che hanno imparato a tenere sotto controllo perfettamente i loro gesti, che si esercitano a farlo: pensiamo a un criminale durante un interrogatorio o davanti al giudice. E' più facile controllare la mimica facciale se riusciamo a focalizzarci su uno scopo ben specifico, se è importante in quel momento dissimulare oppure esprimere a chiare lettere le nostre intenzioni, anche nel caso del gioco della seduzione. Non è facile: agli esami i miei studenti mi riferiscono immediatamente con il tono della voce, con gli intercalari, con la postura, quanto si sentono sicuri della loro preparazione. Dunque, occorre esserne consapevoli, soprattutto in occasione di un colloquio di lavoro.  

Con il linguaggio del corpo esprimiamo anche quello che non vorremmopinterest
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Attenti a convinzioni, paure e pregiudizi

Occorre essere consapevoli che, nel decriptare i segnali del corpo, noi tutti siamo influenzati dalle nostre convinzioni, dalle paure o dai pregiudizi. In sostanza, se sono convinto che il mio capo è una persona cattiva, è molto probabile che interpreti ogni suo gesto come una forma di aggressione. Anche quando non lo è. Lo sforzo che dobbiamo fare è quello di verificare e confutare le nostre interpretazioni e trovarne di costruttive, che ci aiutino a scardinare certi giudizi… per arrivare a scoprire che il capo così cattivo, in fondo, non lo è.

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Cercare sempre il feedback

Esiste comunicazione se c'è complementarietà (se sto parlando con te è perché mi interessa parlare con te) e se  l'interlocutore lancia un messaggio di ritorno, ovvero un feedback (ho/non ho capito, sono/non sono d'accordo…). Se non cogliamo il feedback la comunicazione rimane sospesa. Che sia uno sguardo o una pacca sulla spalla, è essenziale, ai fini della comprensione, dare un riscontro e interpretarlo correttamente. Per farlo è sempre bene sapersi mettere nei panni dell'altro.

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Spontaneità o artificiosità: cosa è meglio?

Tra spontaneità e artificiosità, direi che il giusto sta nel mezzo. Quello che è davvero importante è chi è la persona che ho di fronte e cosa devo raggiungere in quella interlocuzione. La vera regolazione sociale dei nostri comportamenti sono gli altri, ovvero come migliorare le relazioni che intendiamo intrattenere.