Qual è quel richiamo fatale che fa sì che alcune di noi (perché è ancora vero che i disturbi alimentari colpiscono in maggioranza le donne) rinuncino a vivere, in nome della magrezza? Da che tipo di spinta nasce quell'imperativo categorico del "magre a ogni costo e prima di tutto"? Sì, è vero, sono domande quasi retoriche, e le risposte, in parte, ci sono pure, però è anche sacrosanto che alcune notizie, in quell'oceano di informazioni che ci si presenta ogni giorno davanti agli occhi, riescano ancora a sconvolgere. E questa nuova ossessione della cosiddetta dieta della bella addormentata è di per sé una notizia agghiacciante. Perché se di recente si è tanto tornato a parlare di anoressia, anche grazie alla storia personale e al film con protagonista Lily Collins, quest'ultima, come tutte le forme di male, si evolve e muta forma per poter continuare a insinuarsi sotto pelle di chi è più fragile. Così l'ultima frontiera dei "rimedi" per sconfiggere il nemico, che è la fame, è dormire una quantità spropositata di ore.

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Questa dieta è comparsa per la prima volta nel 1966, nel romanzo di Jacqueline Susann La valle delle bambole, dove le protagoniste, attrici e giovani ingenue residenti a Hollywood, si facevano addormentare o internare in "cliniche del sonno" svizzere per perdere i chili di troppo. Nella realtà di oggi, invece, non c'è Hollywood al centro, bensì le stanze di giovani ragazze alle prese con una feroce battaglia contro se stesse. Ma che cosa raccontano, queste moderne belle addormentate malate? Innanzi tutto parlano della cosa solo in quel "luogo protetto" che è il mondo virtuale fatto di chat e forum che suggeriscono diete o spingono a cadere in disturbi alimentari. Qui e solo qui le utenti parlano di questa dieta a base di cibo ipocalorico ed enormi dormite come del «finale perfetto per il semestre scolastico», mentre altre affermano di prendere sedativi oppure «antidolorifici molto forti, che mi mandano ko e mi fanno dormire per ore. E poi ti mandano in subbuglio lo stomaco e ti fanno un po' passare la fame, quindi ne prendo un sacco».

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Vi sono venuti i brividi? Anche a noi. Ma le testimonianze non finiscono qui, perché un'altra giovanissima utente scrive che a lei non servono farmaci perché semplicemente le «piace tantissimo dormire per non mangiare. Mi viene anche facile perché sono stanca il 90 per cento del tempo» Le negazione, brutale, della vita, insomma, in nome della magrezza di un corpo adibito a fare cosa? Nulla, è questa la cosa più scioccante. La resa totale, l'abbandono di qualunque piacere se non quello, suicida, di vedere calare il numero sulla bilancia. Ci si chiama fuori dall'amore, dalle amicizie, dal divertimento, dagli svaghi, non solo dal cibo, e ci si rifugia in un letto. In un isolamento che si fa più tetro, specie se si usano farmaci che creano dipendenza e portano non a un uso ma ad un abuso. Un inferno, che con la favola a lieto fine da cui attinge il nome non ha proprio nulla a che fare.