Chi, come, quando, dove, perché. Se si parla di dieta dire che sono già state pedissequamente scomposte tutte le Five Ws è un eufemismo (per arrivare poi alla mera conclusione che le diete punitive da "mai una gioia" non funzionano mai). Dieta no carbs, detox, chetogenica, plank, una nessuna e centomila. Il Dr. Jason Fung su Quartz ha provato ad analizzare il tema da una prospettiva differente, analizzando in particolare la relazione tra l'aumento nei decenni dei livelli di obesità nel mondo con i cambiamenti delle nostre abitudini a tavola, soffermandosi quindi sullo studio degli orari in cui vengono comunemente consumati i pasti. La domanda (e la tesi da confutare) è semplice: quanto è fondamentale l'effetto del timing dei pasti sull'aumento di peso e sui parametri metabolici? Partendo da uno studio del National Health and Nutrition Examination Survey datato 1977, Fung sottolinea come in quegli anni la maggior parte delle persone mangiava solo tre volte al giorno: a colazione, pranzo e cena. Niente snack, né spuntini, né merendine (tra l'altro universalmente considerati né necessari né salutari). Nei primi anni 2000, invece, il numero medio dei pasti è salito a sei e di fatto sono aumentati i livelli di obesità soprattutto infantile e di diabete. Secondo l'esperto, non c'è nessun riscontro scientifico nel fatto che mangiare ogni tre ore sia davvero una pratica salutare, anzi, è fortemente convinto che sia una credenza guidata dal business, fomentata delle aziende di snack e in modo marginale anche da dietisti e nutrizionisti.

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Il tempo potrebbe avere un ruolo chiave quando si tratta di dimagrimento o mantenimento del peso forma. Assodato che il ritmo circadiano già ci suggerisce che mangiare a tarda notte non è ottimale per dimagrire (mangiare lo stesso alimento di mattina o di sera ha diversi effetti sulla produzione d'insulina, driver principale per la danger zone dell'obesità), sarebbe il caso di valutare la possibilità di mangiare solo durante il periodo diurno. I ricercatori hanno chiamato questo regime alimentare eTRF (Early Time Restricted Feeding) e hanno subito provato a testarla per studiarne i benefici. Stessi cibi, stesse calorie ma scandagliati in orari diversi, dalle 8 alle 20, oppure dalle 8 alle 14. Lo studio sull'asticella della bilancia, i livelli di insulina e di pressione sanguigna parlavano chiaro: non mangiare nulla dalle 14 alle 8 del mattino dopo si è rivelato un plus indiscusso in tutti i tre ambiti. Un'abitudine che ovviamente richiede qualche sacrificio (sono sempre 18 ore di digiuno) e tempi di adattamento non indifferente (dai 12 giorni alle tre o quattro settimane). In realtà la parte più difficile della routine non è il digiuno di per sé, ma riuscire a impostare il pasto principale, e in questo caso la cena alle 14. Spesso a pranzo siamo fuori casa e abbiamo poco tempo per consumare un pasto dignitoso (e fai da te), mentre la sera risulta tutto più facile. Ma con la giusta organizzazione nulla è impossibile.