Andare al college e guardare che tutti intorno a te fanno sesso e tu al solo pensiero svieni dal dolore. Questa è la storia di L., una ragazza alla quale a 21 anni hanno diagnosticato il vaginismo e, come ha raccontato sulle pagine di hercampus.com, per lei quel momento è stata una manna dal cielo. No, il sesso non è andato meglio, almeno per un po' di tempo e soprattutto fino a quando ha trovato il fidanzato giusto, ma almeno L. ha smesso di sentirsi in colpa a tutti i no detti ai ragazzi che volevano fare l'amore con lei e ha smesso di preoccuparsi di essere sbagliata. L. è malata e ora lo sa. L. non è da sola e questo la fa sentire già meglio. [L'incidenza del vaginismo varia dal 5 al 42% delle donne, un gap molto ampio dovuto principalmente alla difficoltà di parlarle apertamente delle disfunzioni sessuali ndr]

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Cosa vuol dire per una ragazza di 21 anni soffrire di vaginismo? Ad esempio sperare di non incontrare qualcuno che ti piaccia. Ti piaccia tanto da volerci andare a letto perché a quel punto la probabilità che quel ragazzo carino sia anche paziente, attento e non spaventato davanti alla parola vaginismo è bassissima e L. lo sa, lo ha provato sulla sua pelle. Ma torniamo un attimo indietro. Il vaginismo cos'è? È un disturbo sessuale caratterizzato da paura e angoscia della penetrazione che porta contrazione involontaria dei muscoli che circondano la vagina. Cosa significa? Che avere un rapporto sessuale è impossibile o quando lo è causa dolore, bruciore e un senso di prurito pungente. Manifestandosi sia a livello fisico-psicosomatico, sia a livello psicologico ed emotivo, il vaginismo non è facile da diagnosticare tanto che, da quando L. ha avuto i primi disturbi a 14 anni inserendosi un tampone ai 21, quando è arrivata la diagnosi, sono passati svariati tentativi e cure per altrettanti ginecologi.

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Sapere di soffrire di un disturbo sessuale per L. è stato un nuovo inizio, certo non ha migliorato dal primo momento la sua situazione, ha continuato per diverso tempo ad avere dolori importati e a volte li ha tutt'ora, ma i medici che l'avevano in cura hanno potuto finalmente studiare dei rimedi apposta per lei. Da una parte un percorso di psicoterapia e terapia sessuale comportamentale per andare a lavorare sulle cause psicosessuali e imparare a rilassare i muscoli del pavimento pelvico, dall'altra un trattamento farmacologico oltre a mettere in atto alcune precauzioni standard come evitare saponi allergizzanti, pantaloni troppo attillati e utilizzare una lubrificazione adeguata durante il sesso e così via. L. piano piano ha sopratutto smesso di avere paura di non poter avere una relazione sana e questo ha ridotto di molto lo stress psicologico a cui è stata sottoposta per anni. Incontrare M. è stato poi la sua salvezza. Avere rapporti completi nel primo periodo è stato pressoché impossibile, e la penetrazione è stata difficoltosa a lungo, ma poterne parlare liberamente e stabilire di volta in volta il limite ha permesso a L. di imparare a godere del sesso e non farne più una malattia. Forse la normalità non arriverà mai e forse alcune posizioni saranno off limits per sempre o forse no. L. ha imparato a darsi tempo e M. non ha nessuna fretta.