Amani El Nasif, 27 anni, siriana di Aleppo, veneta d'adozione, ha una storia da raccontare. E lo ha fatto in un libro, Siria mon amour. Dove scrive di quando, a 16 anni, la madre la convinse a lasciare il Veneto, dove era arrivata in fasce, e a tornare nel suo Paese, «per motivi burocratici». In effetti c'erano delle carte da firmare: quelle di un matrimonio combinato, che la costrinse subito al velo e a violenze fisiche e psicologiche (compreso l'aumento di peso, per somigliare alle coetanee siriane).

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Ma dopo 399 giorni di ribellioni coraggiose e con l'aiuto di uno zio, riuscì a tornare in Italia, dove è nata sua figlia, che oggi ha quattro anni. Per lei e per tutte le ragazze costrette a nozze forzate ha scritto ed è diventata testimonial del brand Wycon Cosmetics, che le ha dedicato una "capsule collection", Wyconic Amani, make up d'ispirazione mediorientale.

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Cosa vuol dire per lei essere la testimonial di una linea di trucco?

La battaglia per la libertà passa anche attraverso il trucco: potrò raggiungere altre ragazze intrappolate in regole assurde.

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Wycon Cosmetics

Ha perdonato la sua famiglia?

Certo. Ho perdonato mia madre. Non posso permettermi rancori. Mia figlia si chiama Vittoria perché ho vinto la mia battaglia e non voglio trasmettere né a lei né a nessun altro risentimenti o, peggio, odio. Mio padre? Quando l'ho rivisto ho provato un sentimento di compassione.

Dove ha trovato la forza per sopportare la violenza subita in Siria?

Mi ha aiutato il mio entusiasmo per la lotta e per la vita. Ero partita ignara di tutto, in jeans e maglietta, le unghie dipinte di rosso. Mi sono ritrovata di colpo velata e sottomessa. Ma per 399 giorni non mi sono mai piegata, anche quando sono stata massacrata di botte dal mio futuro sposo e sono finita in ospedale. Per questo oggi non mi basta essere la "cassetta della posta" di tante ragazze che mi scrivono le loro storie tristi di prigionia ma poi non hanno la forza di ribellarsi. Voglio realizzare il mio progetto più ambizioso: una fondazione che mi permetta di renderle libere.