In Lino Guanciale non cercate il maschio alfa di Non dirlo al mio capo, l'arroganza di Claudio Conforti in L'allieva e nemmeno la sfrontatezza del suo nuovo personaggio, il commissario (decisamente morto) Leonardo Cagliostro della fiction La porta rossa, in onda il mercoledì in prima serata su Rai Due, una delle serie da seguire anche a marzo in tv. Perché non li troverete. Lino Guanciale è un uomo molto più affabile dei personaggi che interpreta e, a ben guardare, molti più interessante. In lui infatti convivono garbo e decisione: ha un passato da boy scout e un presente da agnostico anarchico. Ha sfondato in tv, diventando il sex symbol della Rai, ma ci è arrivato solo a 32 anni (attrezzato di rughe e primi capelli bianchi) perché prima non ne voleva sapere del piccolo schermo. Ha detto i suoi no importanti, come al produttore Pietro Valsecchi che lo voleva come protagonista in Squadra antimafia o agli autori di Don Matteo pronti a eleggerlo erede di Terence Hill. La tv lo ha reso famoso ma lui è rimasto fedele al suo primo amore: il teatro. Insomma: un uomo tutto fuorché noioso…

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Lino Guanciale, 37 anni, in una scena della fiction La porta rossa, in onda su Rai Due.

Partiamo dal suo ultimo ruolo: chi è Leonardo Cagliostro, protagonista de La porta rossa?

Leonardo è un giovane commissario, che è arrivato ad avere ruoli di grande responsabilità in virtù della propria bravura. Ha decisamente un brutto carattere, non fa nulla per piacere agli altri ed è anche parecchio avventato. Quando inizia la serie è impegnato a indagare su alcuni misteriosi casi di morte, che sembrano legati a una nuova droga immessa sul mercato. Grazie alla soffiata di un informatore, si mette sulle tracce dello spacciatore e, senza avere l'autorizzazione dei propri superiori, decide di andare a catturarlo. Purtroppo, proprio quando sta per prenderlo, viene freddato da un colpo di pistola. Leonardo muore all'istante ma, prima di varcare la soglia che lo porterebbe nell'Aldilà, ha un flash forward dove vede sua moglie (interpretata dalla neosposa Gabriella Pession, ndr) minacciata dalla stessa pistola. Decide quindi di rimanere sulla Terra, da fantasma, per salvarla. Peccato che nessuno possa interagire con lui, a eccezione della 17enne Vanessa, interpretata da Valentina Romani.

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La storia strizza chiaramente l'occhio al film Ghost: come si sente a misurarsi con questo paragone ingombrante?

Qualcuno ha citato anche Il sesto senso. In entrambi i casi, esco con le ossa rotta dal paragone con Patrick Swayze e Bruce Willis (ride, ndr)! Tuttavia l'onere di misurarmi con tali star è compensato dalla grande gioia di interpretare Leonardo: è uno di quei ruoli che un attore ha la fortuna di incrociare una volta ogni dieci anni. La serie, inoltre, rompe con gli stilemi della fiction generalista, innovandoli sia dal punto di vista della scrittura sia dell'immagine. La fotografia è particolarmente curata, così come la regia.

La serie affronta il tema della morte: qual è il suo rapporto con l'Aldilà?

Non sono credente, ma agnostico. Per questo, quando mi proposero La porta rossa, dissi al regista che se Leonardo fosse stato un angelo custode, circondato di luce e con l'aureola, mi sarei tirato fuori dal progetto. Non è stato però necessario. Il mio personaggio ha una sua fisicità: ogni volta che appare in scena, è come se fosse lì. Trovo che tale impostazione sia molto originale e credibile: in fondo capita a tutti di continuare a sentire la presenza di chi ci è caro. C'è chi ha dei déjà vu, chi sogna le persone morte…

Lei oggi è richiestissimo, tuttavia le propongono sempre di interpretare uomini belli e scorbutici. Non ne ha abbastanza?

Non è il caso de La porta rossa. Anzi, credo che Leonardo sia un antidoto alla similitudine tra Vinci (protagonisti di Non dirlo al mio capo, ndr) e Conforti. Sono cugini di cattiveria ma ne La Porta Rossa non ci si muove più sul registro della commedia. La serie gioca infatti con i generi della detective story, il mistery, il film d'azione e il giallo puro. Credo che, tra tutti i personaggi che ho interpretato finora, Leonardo sia quello più interessante e complesso da restituire al pubblico.

Come mai ha atteso così tanto prima di concedersi alla tv?

Da ragazzo temevo che la qualità del mio lavoro potesse essere danneggiata dai tempi molto veloci del set. Nutrivo questa angoscia verso cinema, ma soprattutto verso la tv. Per questo ho aspettato fino a 32 anni rifiutando anche ruoli importanti, come quello da protagonista in Squadra antimafia. Non mi pento, però, di questa scelta di campo: essermi dedicato per anni quasi esclusivamente al teatro, mi ha permesso di sviluppare una sicurezza che poi, una volta arrivato in tv, mi ha difeso dalla rutilante velocità della lavorazione sul set. Quindi, tornando indietro, rifarei tutto.

C'è da dire che oggi sarebbe impensabile vivere solo di teatro…

È molto complicato. Da anni lavoro con una compagnia, che non ho mai abbandonato nemmeno in questi anni di grande lavoro televisivo. Sebbene la mia compagnia sia una realtà molto solida, che lavora con grande continuità, mantenersi con il teatro è comunque difficile.

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Qual è lo scarto in termini di retribuzione?

Diciamo che un attore che ottiene buoni ruoli nelle fiction televisive, guadagna dieci volte di più rispetto a un affermato attore di teatro.

Da quando si è concesso alla tv, è sempre stato un fedelissimo della Rai: è solo una casualità?

In Rai sto decisamente bene: non sento il bisogno di cambiare. Quanto alle altre reti, politicamente parlando sono molto distante dalla famiglia Berlusconi. Dunque, forse, lavorare in Mediaset mi avrebbe creato, almeno in passato, un senso di disagio. Ora lo scenario politico è molto cambiato, per cui non escludo nulla a priori: nemmeno che Mediaset resti ancora in mano agli italiani (ride, ndr). Detto questo, va riconosciuto che l'azienda televisiva di Berlusconi è a suo modo un patrimonio nazionale, non foss'altro per i posti di lavoro che offre»

Non lo facevo un appassionato di politica: in quale partito si riconosce?

Fin da giovane sono sempre stato molto attivo politicamente. Sono un uomo di sinistra o, meglio, un anarchico.

Mi perdoni, ma da anarchico non dovrebbe nutrire una simpatia per il M5S?

Pur rispettando i grillini, non mi identifico nel Movimento Cinque Stelle perché sono un fermo detrattore dei movimenti antipolitici. Tifo per la buona politica. L'antidoto per risollevare la situazione attuale non è l'antipolitica ma la militanza, ossia concepire la politica come un servizio verso il prossimo.

L'anarchia non nega, per definizione, la politica?

Assolutamente no! In realtà l'anarchia è un'idea di fratellanza universale dove l'idea di Stato non viene meno. Semplicemente si vorrebbe creare una società meno gerarchica dove il singolo si fa carico di responsabilità maggiori rispetto a quelle attuali. Da giovane frequentavo gli scout ed è lì che ho appreso la vocazione più pura della politica, ossia l'etica del servizio.

Quindi immagino che lei stia malissimo a vedere Donald Trump al governo…

Mi provoca un mal di pancia allucinante! Spero che questa commedia finisca presto, regalandoci un lieto fine. Su un tema, però, i grillini e gli altri movimenti definiti come populisti hanno ragione: l'Europa, così com'è, non funziona. La soluzione non è dissolvere l'Unione Europea ma renderla molto più forte.

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Come mai cotanto fervore politico e sociale non l'ha portata verso la fiction impegnata?

In teatro interpreto molte piece impegnate socialmente. Al cinema e in tv sono invece voluto partire dalla commedia brillante perché se dimostri di funzionare in questo genere, è più facile poi spaziare. Spero comunque che arrivi anche un ruolo impegnato, su piccolo o grande schermo.

A un certo punto della carriera, molti attori sono colti dal sacro fuoco della regia. Anche lei sente questo richiamo?

Non posso escluderlo come possibilità, ma al momento non è un'esperienza che cerco. Preferisco semmai scrivere e lo faccio, abbastanza regolarmente, a teatro con la mia compagnia.

Quali sono i suoi prossimi progetti?

Al cinema mi vedrete prossimamente nel film I peggiori, dell'esordiente Vincenzo Alfieri. La pellicola è realizzata dalla IIF e distribuita dalla Warner. Si tratta di una action comedy: protagonisti, due fratelli napoletani (io e lo stesso Alfieri) che decidono di farsi giustizia da soli mascherandosi nell'eroe della città: Maradona. Dopodiché sarò sul set per girare le nuove stagioni di Non dirlo al mio capo e di L'allieva. Ho un calendario abbastanza fitto di impegni, visto che non intendo rinunciare al teatro.

In tutto questo riesce anche ad avere una vita privata?

«Vita? Quale vita? (Ride, ndr)».