Nell'ospedale de La linea verticale, su Rai 3 il sabato sera, succedono miracoli. Il principale è che, per la terza volta nella storia del mondo – dopo Boris e Gomorra – gli sfiancatori seriali si sono interessati a una produzione italiana. (Lo sfiancatore seriale, ne conoscete almeno uno, è quello che tutte le settimane scopre la serie del secolo e la usa per martellarvi i nervi – «Non sai cosa ti perdi! Scrittura geniale! Regia cinematografica!» – e poi vi guarda come muffa quando vi siete messe in pari e vorreste parlarne, peccato sia già ora di una nuova imperdibilità).

Perché vuoi sapere come va a finire, perché il protagonista è Valerio Mastandrea, e perché sono soltanto otto episodi: tutti i sabati su Rai3 oppure in streaming su RaiPlay come le televisioni moderne.pinterest

Valerio Mastandrea è il ricoverato protagonista, con la faccia bella di chi si stropiccia ma non crolla: ha una moglie incinta, una figlia di sette anni, un improvviso cancro al rene. È la poetica del frigno consolatorio, la stessa di This is Us: piccole questioni di vita e di morte, nessun cattivo, moltissimi gli abbracci. Perché funzioni, come certe giacchette ambiziose, va sdrammatizzata. Pertanto ci sono infermiere che ascoltano Il volo, medici meritevoli di hashtag femministi – #mesoffochi – e Marcello, il malato competente per osmosi che distribuisce prognosi di conforto. C'è pure una voce fuori campo, per giocare al piccolo sociologo.

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Ma alla fine di ogni puntata viene voglia di guardare quella dopo: arrivano o no i risultati dell'istologico? E su RaiPlay potete recuperare tutte quelle trasmesse fin qui (noi sfiancatori ne saremmo molto lieti). Come dicono in ospedale: poteva andare peggio.