Corre l'anno 1977 e la tv italiana scopre il colore: il Paese è ancora scosso dall'onda lunga delle contestazioni, della rivoluzione sessuale e femminista; aprono i primi consultori pubblici; dopo il trionfo del «no» all'abrogazione del divorzio, l'anno successivo si replicherà con l'aborto; il lavoro delle neo madri è da pochi anni tutelato dai permessi di maternità e dal divieto di licenziare in gravidanza, agevolato dall'istituzione dei primi asili nido.
1. I regolari
Mamma Rai reagisce ai sussulti trasmettendo un rassicurante telefilm – allora si chiamavano così – sulle scanzonate disavventure di una tradizionalissima famiglia americana anni Cinquanta. Il titolo, più che mai eloquente, è Happy days: due figli adolescenti, alle prese con le prime esperienze, tra cotte e amicizie, digeriscono ogni turbamento e conflitto al riparo del focolare domestico, custodito da una madre casalinga e un po' svampita e un padre bonario. Comunque è un successo, con una coda di ben 11 stagioni. Appena più sovversiva a quei tempi c'è solo La famiglia Bradford: anche in quel caso, a occuparsi della numerosa famiglia (otto figli!) c'è una madre casalinga. La morte dell'attrice che l'interpreta, però, costringe gli sceneggiatori a rivedere la trama: così il protagonista Tom Bradford, columnist del Sacramento Register, si trova risposato, con una vedova per carità, ma aspirante psicologa e in qualche modo più illuminata, a tratti persino femminista: per quanto epurata, è questa la prima famiglia allargata della tv.
2. I moderni
Ma bisogna aspettare i primi anni Ottanta perché gli italiani possano vedere in tv la prima madre divorziata che si barcamena tra il lavoro e la cura di due figlie adolescenti, in Giorno per giorno, serie americana che apre la strada a modelli familiari diversi, mentre il successo de Il mio amico Arnold, storia di un ricco uomo d'affari e dei suoi figli afroamericani, tocca qualche anno dopo il tema dell'adozione e altri tabù come il razzismo e la pedofilia. Nell'Italia degli anni Ottanta che ancora non conosce sbarchi di immigrati né evidenti soprassalti razzisti, I Jefferson prima e I Robinson poi sono due esempi di famiglie televisive all black moderne e progressiste, con madri emancipate e una grande apertura su problemi scottanti, dalla tossicodipendenza alle gravidanze precoci. E se negli stessi anni Casa Keaton proietta sul Bel Paese il conflitto generazionale tra due genitori fricchettoni e i figli tutti apparenza e consumismo (il primogenito è uno straordinario Michael J. Fox, reaganiano in erba), la famiglia italiana intanto sperimenta il cosiddetto riflusso nel privato e scivola in un dorato disimpegno.
3. I petrolieri
Sono anni di vita al di sopra dei propri mezzi, e noi da qui sogniamo davanti a un modello aspirazionale ben distante dai clan dei Robinson e dei Keaton, in cui i legami parentali sopravvivono solo se cementano patrimoni; viceversa, cedono a qualsiasi nequizia. Nell'Italia che ha da poco abolito il delitto d'onore e il matrimonio riparatore, sbarcano i petrolieri Ewing e Carrington, al centro, rispettivamente, di Dallas e Dynasty. Ricchi quanto allergici agli affetti, divisi da tradimenti, giochi di potere, scandali ed efferatezze, hanno segnato lo zenit di quel clima di edonismo imperante. Certo, niente a che vedere con l'audacia spesa nell'esplorare le infinite possibilità di accoppiamenti, agnizioni e resurrezioni degli sceneggiatori di Beautiful, la più longeva delle serie, tuttora in programmazione, ma giunta a toccare i limiti strutturali della decenza.
4. Gli spericolati
Ma gli anni passano, le figlie del baby boom diventano madri e con loro, negli anni Novanta, il saldo naturale tra nascite e morti si accosta al segno meno. I matrimoni calano, crescono separazioni e divorzi. La piaga dell'Aids impone un clima da quaresima in tv, dove le famiglie sono lo sfondo delle vicende criminali dei Soprano e dell'inquietante Twin Peaks, o delle spericolatezze sentimentali di Dawson's Creek e Beverly Hills, 90210. In Italia resta solo, nella lunga notte degli anni '90, il presidio della grande famiglia Martini di Un medico in famiglia, di cui, dopo troppe stagioni, è rimasto solo il nonno.
5. I disfunzionali
Il nuovo millennio, che si apre con l'attesa legge sull'affido condiviso, sdogana le famiglie "diverse" in tv: dall'esordio della formula monogenitoriale (madre single e figlia) di Una mamma per amica, ripresa l'anno scorso su Netflix, ai successi nostrani dei Cesaroni e Tutti pazzi per amore, arrivano le architetture fragili delle famiglie a geometria variabile, ricomposte dopo lutti, separazioni e divorzi. Tra le leggi sulla fecondazione assistita e sulle unioni civili, le serie tv americane sono il battistrada della battaglia per i diritti Lgbt: i paladini più popolari hanno le facce dei due papà della bambina "surrogata" di Modern family e quella del patriarca ebreo che diventa trans in Transparent.
6. I dissacranti
E se, aboliti paletti e tabù in tv, la deriva delle famiglie difunzionali sfocia nella miseria delle vite allo sbando di Shameless e nella irriverenza satirica di due serie geniali come I Simpson e I Griffin, la vera trasgressione oggi ha imboccato una strada revisionista. Ci mostra (The affair) che fuori dal solco sicuro della famiglia anche gli amori più travolgenti hanno vita difficile e ricadute nefaste sui figli. Oppure abbraccia il buonismo di This is us (nella foto d'apertura), serie tutta di pancia in cui i legami familiari sono linfa e ispirazione che attraversa le generazioni senza perdere di intensità. Con grande spargimento di lacrime, da questa parte dello schermo, e pure dall'altra.