Se non fosse Bruno Mars, uno, dopo aver cantato Uptown funk, potrebbe considerarsi soddisfatto. Ma se uno si considerasse soddisfatto dopo aver cantato Uptown funk, probabilmente non sarebbe Bruno Mars (per alcuni l'erede di Prince, scomparso nel 2016, e Michael Jackson). Il quale alla fine dell'estate del 2015, quella in cui Uptown funk era pure la sigla della baby dance sulle spiagge, ha annunciato il suo nuovo album, il terzo, e poi ci ha messo un anno di perfezionismi a farlo uscire. Tornare dopo il successo più grande della sua carriera – secondo Billboard: il successo più grande degli anni Dieci – è stato: «Super spaventoso».
24K Magic è uscito a novembre 2016, e dal 28 marzo 2017 è un tour mondiale: dopo Casalecchio di Reno il 12 sarà a Milano il 15 giugno, tutto esaurito. Perché Bruno Mars ha un approccio magnificamente artigianale al megaconcerto. E del resto si esibisce da quando aveva quattro anni, suonava con i genitori a Honolulu, e si chiamava ancora Peter Gene Hernandez, detto «Bruno» per via della somiglianza con un campione di wrestling («Mars» lo ha aggiunto dopo, perché le ragazze gli dicevano che non sembrava di questo mondo).
Finita la scuola si è trasferito a Los Angeles, dove per un po' è stato il giovane talentuoso ai margini della scena. Poi, nel 2010, il primo singolo da solista – Just the way you are – e di conseguenza il primo Grammy. Da allora ne ha vinti altri quattro. Ma sulle spiagge tutti cantano ancora Uptown funk.