Laura Pausini pensa in grande, come suo solito, e per presentare il suo nuovo album Fatti sentire prenota un intero aereo Alitalia, lo stipa di giornalisti e li fa partire da Milano per portarli a Roma, al Circo Massimo, dove da quest'estate - il 21 e il 22 luglio 2018 - comincia il tour mondiale che la porterà negli Stati Uniti e in America Latina. La giornata comincia con lei a bordo in un ruolo speciale, l'assistente di cabina: legge con sicurezza le istruzioni, annuncia il momento in cui è necessario «mettere tutti i dispositivi in modalità aereo», dà il via a un fiume di parole per raccontarci la sua idea.

La Pausini a bordo, prima della presentazione.pinterest
La Pausini a bordo, prima della presentazione.

«Volevo che condivideste una giornata della mia vita. A me capita di prendere anche tre aerei in un giorno, difficilmente sono voli privati, e solo se non è possibile fare diversamente. In genere viaggio in mezzo alla gente normale».

Fragile e forte

Il titolo del disco, che comprende 13 inediti, è assieme un auspicio e un incitamento. «Fatti sentire è un invito che rivolgo a me stessa. Mi bastano cinque gradini, quanti ne servono per scendere dal palco, per tornare piccola e fragile e insicura. Avete scritto spesso che sono forte, ma non mi sento tanto forte. Mi sento vulnerabile e ci sono come me tantissime persone nel mondo. Questo album è per loro, e per me».

La copertina del nuovo album di Laura Pausini.pinterest
La copertina del nuovo album di Laura Pausini.

Being Laura

Non è sempre facile essere Laura. Nonostante il successo, oppure proprio per colpa del successo. «Sapete, io sono giudicata in ogni momento, da quando mi alzo a quando vado a dormire. Non è cosa da poco. Per proteggermi mi sono chiusa, in passato, oppure ho finto di essere invincibile».

Qualcosa da bere?

Appena l'aereo è in quota si mette a servire bevande con il carrellino, come una hostess. Poiché come tutte le donne è multitasking, non rinuncia a parlare. «Questo disco mi ha colto di sorpresa. Conosco i tempi di una produzione, mi aspettavo di pubblicarlo all'inizio del 2019. Ma dopo Natale ho chiamato il presidente della mia casa discografica, Marco Alboni: «Sono pronta ad uscire». «E dove vai?» mi ha chiesto lui.

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La musica che gira intorno

Passata la sorpresa, è stata tutta una corsa per arrivare a oggi. «Queste canzoni del resto erano pronte, non potevo aspettare che fosse Natale o un altro momento dell'anno in cui si vende di più. Io ho voglia di cantarle adesso, magari tra otto mesi non mi sentirò esattamente così. Mi sono sentita un po' chioccia, ho desiderato proteggerle, combattere perché potessero essere ascoltate ora e non dopo».

Parlando di me

Volando sopra Firenze, qualche indiscrezione sulle origini dei brani: «Tendo a scegliere le canzoni senza sapere chi le ha scritte, perché sono un tipo suggestionabile e mi verrebbe naturale escludere quelle composte da una persona che mi sta antipatica. Tutte le canzoni, comunque, hanno un comune denominatore: in ognuna c'è una persona che deve fare una scelta, prendere una decisione. E quindi in qualche modo devono farsi sentire, ed ecco che torna il titolo dell'album. Dal pop al rock inglese al reggaeton, è forse il disco più eterogeneo che abbia mai composto».

Un ritratto di Laura Pausini.pinterest
Julian Hargreaves
Un ritratto di Laura Pausini.

Il mondo cambia (e io cambio con lui)

In piedi nel corridoio, tra noi che seduti diligentemente prendiamo appunti, riflette: «La transizione dal cd fisico alla musica digitale è un passaggio importante che stiamo attraversando. Ho osservato come si comportano i colleghi nel mondo e ho provato a pubblicare tre canzoni online prima ancora della pubblicazione dell'album. È un esperimento che trovo interessante, volenti o nolenti è in quella direzione che andiamo. Un mese fa ha chiuso l'ultima fabbrica di cd in America, ne avremo ancora in circolazione per qualche anno. Sono passaggi per me dolorosi, li devo masticare con calma, ma non c'è tanto tempo: il digitale va molto più veloce di quanto mi aspettassi e devo imparare ad amarlo».

Corsi e ricorsi

«Oggi in radio sentiamo solo reggaeton o trap, comunque musica urbana. Quando mi sono affacciata a questo mondo, nel 1993, c'erano soprattutto pop e ballad. La gente le trovava mielose, roba da tagliarsi le vene. Oggi mi dicono la cosa opposta, che sono chic. Ma sapete che c'è? A me non piacciono le etichette, e non sono d'accordo sul fatto che se qualcosa è popolare allora non vale niente. Qualunque canzone può essere realizzata bene o male, indipendentemente dal genere. Il reggaeton del resto non nasce per dare messaggi profondi, sorge nell'ambito della cultura latina e ha a che vedere con il movimento del corpo. È una musica urbana che ci fa da costante colonna sonora».

Laura in the world

Prima dell'atterraggio, ancora sulla musica: «Per sei mesi all'anno vivo a Miami e questa musica urbana la sento dappertutto: quando accompagno mia figlia a scuola, quando entro in un negozio, quando faccio pipì. Ma di brano reggaeton, nell'album, c'è solo Nuevo. L'ho lasciata in spagnolo perché in italiano mi sembrava finta. È nata per fare un omaggio alla mia vita lì, da quella parte del mondo. A Miami è pieno di latini che frequento e con cui lavoro. Anche in questo caso, nessuna etichetta: io le canzoni le scelgo in base a quel che mi fanno muovere, normalmente il braccio destro». La voglia di parlare non si placa nemmeno a bassa quota, sopra Roma: «Qui dentro ci sono canzoni dolorose ma almeno un paio allegre, una è E.sta.a.te e un'altra Nuevo, che racconta un amore mordi e fuggi. «Non ho mai fatto una ciulata e via, ho provato a immaginarmi come possa essere».

Al circo

Atterrati a Roma, gita in pullman fino al Circo Massimo. Una volta dentro, dopo uno spuntino a base di pane, salame e formaggio: «Ok, mi avete beccato, sulla costa del cd c'è scritto 1/2. Vuol dire che ci sarà un seguito, anche se non so ancora quando, e quale. Ci sono parole che devono continuare. Vorrei che si facessero sentire, anche loro». Sarà presto a Cuba: «Sono 25 anni che voglio andare a Cuba, ora ce la faccio perché mi hanno invitato nell'ambito di un'iniziativa, tra due settimane. Ne saprete di più nei prossimi giorni».

Timore&Tremore

Laura ammette di provare «orgoglio e paura all'idea di essere la prima donna a fare una cosa: in questo caso riempire il Circo Massimo. Ma mai come oggi le donne sono più unite in tutto quel che si fa. Non sono femminista ma tengo al rispetto per l'essere umano, se una persona ha un valore è giusto che vada riconosciuto».

Italia e…

Successo mondiale ma amore per la patria: «Sono quasi dieci anni che facciamo fatica con la musica italiana. Aspettare che torni di moda è la cosa più seria che possiamo fare. È molto importante che non ci sediamo. Ovunque vengo presentata c'è sempre l'Italia con me, anche se canto in un'altra lingua. La cosa buffa è che a volte mi arrivano brani da autori non italiani bravissimi, ma poi fatico a metterci dentro le parole».

I bambini (e le mamme)

Momento commozione quando Laura parla di una canzone in particolare, «Francesca (piccola aliena), che ho scritto per una bimba che non c'è più. La mamma di Francesca si chiama Roberta ed è mia cugina, sua figlia aveva una malattia genetica rarissima e non c'è più. È morta prima di compiere tre anni, io semplicemente ho sentito che dovevo scrivere per lei. I proventi del brano andranno a un'associazione che si chiama BimboTu e aiuta le famiglie dei piccoli malati. I genitori che perdono dei figli stanno male e hanno bisogno di aiuto».

Bilanci (e futuro)

«La cosa più difficile che ho vissuto in questi 25 anni sono stati certi incontri difficili delle persone, ma questo accade a tutti. Quando penso che la mia onestà venga messa in dubbio, allora mi passa la voglia di cantare. Ma la combatto, ecco perché tra poco sarò in tour. Ne ho tante di canzoni ormai… mi piacerebbe fare 13 concerti e in ciascuno presentare un disco. Molti mi chiedono di non fare più i medley, ma sono l'unico modo per cercare di riproporre almeno in parte certi vecchi cavalli di battaglia. Perché i fan non vogliono più pezzi come La solitudine, lo so perché ho fatto dei sondaggi per questo. Però se non sono una super fan allora la hit la voglio, quindi se in un concerto di Laura Pausini non ci fosse nemmeno una strofa di La solitudine mi romperei le scatole».

Ancora tour

Fa la ritrosa ma alla fine cede. «Una cosa ve la posso dire: nel mio tour quest'anno non ci sono balletti e ballerini. È difficile trovare il giusto equilibrio quando fai un live. Non devi essere troppo semplice ma nemmeno esagerata. Dal punto di vista della struttura ho chiesto di organizzare una sorta di arena che dia a tutti la possibilità di vedermi bene. Ci sarà anche una passerella. Non è un lavoro semplice però… »

L'amore si fa a Roma

Crede moltissimo in Fatti sentire, Laura. «La Warner di solito vuole il mio faccione in primo piano, scegliere una cover in cui sono ritratta di nuca è stata una mia scelta. Ci ho messo un po' a convincerli, ma volevo che in primo piano fosse la musica e non io. Poi sono arrivata a capire una cosa: non devo per forza piacere alle persone a cui non piaccio, è un fatto che deve entrarmi in testa. Ma non è semplice, non sono emotivamente pronta alle critiche». Le chiedono perché far partire il tour proprio da Roma: «Perché quando sono in Italia vivo qui. Io l'amore lo faccio a Roma. Lo faccio anche in giro però. Ieri non ho visto Paolo (Carta, il suo compagno, ndr) e oggi mmmh… Ecco perché partire da Roma».

Quando mi gaso spingo

Poco prima che venga servito a tutti un piatto di gricia - la pasta che Laura ha scelto per il nostro pranzo romano - c'è tempo per un'ultima riflessione: «In questo momento della mia vita mi accorgo che le canzoni più sono profonde e serie più mi fanno uscire di testa. Letteralmente. Mi emozionano tantissimo. E la varietà non mi spaventa: sono nella mia comfort zone in vari momenti, anche quando faccio Nuevo, che è stata la più difficile da cantare nonostante abbia poche note. E poi sapete che c'è? Quando mi gaso spingo. La nuova attitudine in musica è invece non farlo, e quindi per una come me non è facile. Sussurrare non è il mio pane, è proprio una scuola». Applausi, saluti, un piatto di penne alla gricia ed è già il momento di tornare, sopra le nuvole, a Milano.