Da quattro anni Andrea Iacomini gira il mondo degli ultimi come portavoce italiano dell'Unicef, l'organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di infanzia. Non c'è piazza, scuola, teatro, che non l'abbia visto passare dalle lacrime al riso, dal dolore alla rabbia mentre racconta dei suoi bambini: in Africa, in Siria, in Libano. Denutriti, sfregiati, abbandonati. Ma non gli bastava, quelle storie non andavano perse, e le ha messe in un libro, prima però è partito dalla sua storia, dalle sue crisi di panico, perché solo quando è uno come noi a parlare sembra tutto più vero.

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@De Benedetti
Andrea Iacomini, portavoce italiano dell\'Unicefnel campo profughi di Zaatari, in Giordania.

Perché ha scritto la sua autobiografia cambiandosi nome?

Era troppo semplice autocelebrarsi. Ne sarebbe uscita una raccolta di storie sui bambini, sui profughi, sui conflitti, come ce ne sono tante. Dai un'occhiata e via. Invece volevo essere uno "normale", un antieroe, che racconta cose che nessuno ha mai visto. Non volevo commentare, volevo condividere l'orrore di certe situazioni.

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La copertina del libro di Andrea Iacomini, Il giorno dopo, Ponte Sisto, pp. 152,15 euro.

Ha raccontato anche delle sue crisi di panico.

Fanno parte della mia vita, le ho avute anche quando facevo politica. Quando vedi un bambino sfregiato in Sierra Leone o sei accerchiato da piccoli malnutriti in un campo profughi, altro che stress. Però volevo far capire a chi legge che non c'è bisogno di essere eroi per fare certe cose. Ci riesci anche se sei debole.

La lunga militanza politica le è servita?

È durata 20 anni, dai 17 ai 36, l'ultimo episodio, che cito nel libro, è la mancata nomina al consiglio comunale di Roma. Ero molto bravo nelle relazioni, una frana negli inciuci. Non avevo il pelo sullo stomaco che serve in quegli ambienti. Però da lì viene il mio impegno nel difendere chi ha bisogno, è stata una bella palestra. L'ambiente politico in fondo è il paradigma della società.

Parliamo di cifre: quanti sono i bambini profughi nel mondo?

In Italia tra il 2015/2016 ne sono arrivati 18.000, di 6.000 si sono perse le tracce, 2.000 di questi sono vittime dello sfruttamento minorile, 700 sono morti in mare. Nel mondo ci sono 250 milioni di bambini che vivono in zone di conflitto, 87 milioni hanno meno di sette anni. La guerra in Siria in cinque anni ha provocato 5,5 milioni rifugiati, la metà sono bambini, nelle 20 città sotto assedio, senza cibo e acqua, i bambini intrappolati sono quasi quattro milioni.

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Andrea Iacomini.

Una tragedia.

No, ormai è una catastrofe.

Cosa si sente di dire ai giovani fortunati di casa nostra?

Abbiate il coraggio di fare delle scelte nella vostra vita, fate quello che sentite, non subite. Io non farò questo lavoro per sempre, perché quando non senti più battere il cuore devi avere il coraggio di cambiare strada.