La travolgente storia d'amore tra una ragazza ebrea e un artista palestinese a New York. Che dura fino a quando il destino non li riporta a casa.

Liat, 30 anni traduttrice di Tel Aviv, in attesa di incontrare l'anima gemella ebrea come vuole la famiglia e la tradizione, è a New York per sei mesi con una borsa di studio. Incontra Hilmi, 27 anni, bello e sensuale, da tre anni nella grande mela per sfondare come pittore. Scoppia l'amore. Ma non è una romantic novel. Hilmi è palestinese, di Ramallah. Nel variopinto mondo degli expat newyorchesi dove chi sei e cosa fai non conta, la coppia è felice, come lo sono tutti gli innamorati. L'epilogo è tragico (e non lo sveliamo) perché fino all'ultimo l'autrice apre e chiude con la speranza. Il libro uscì nel 2014 durante l'ennesima guerra nella Striscia. Il ministero dell'Educazione ne vietò la circolazione nei licei. Temendo incitasse ai matrimoni misti. E Dorit spiega che border è il confine entro il quale tu, uomo o donna, decidi se fare entrare l'altro. Ma in Israele non funziona sempre così. Lo ha capito sulla sua pelle. Il romanzo è dedicato a un artista palestinese. Che lei ha conosciuto molto bene.

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Bordelife, di Dorit Rabinyan, Longanesi, pp. 373, euro 16,90, ebook euro 9,99.

Se Liat e Hilmi fossero rimasti a New York, la fine sarebbe diversa?

Forse, New York è il posto giusto dove puoi reinventarti. Ma alla fine quello che tu sei te lo porti con te e finisci col tornare sempre a casa. È il fardello di noi mediorientali. Se ti vuoi liberare di questo fardello, devi liberarti anche della tua identità.

È molto di più di un amore contrastato.

Ho cercato di parlare di una relazione romantica in senso più lato, non solo di arabi ed ebrei, all'inizio di ogni relazione c'è una sorta di estasi che non ti fa più capire chi sei. La passione ti fa rinunciare anche alla tua identità. In questo senso border è il confine che ognuno di noi ha dentro di sé e deve decidere fino a che punto vuole farsi occupare dall'altra persona. È un problema universale di tutte le coppie. 

Ma sono proprio le loro identità a essere incompatibili.

Possono essere in contrasto dal punto di vista religioso e politico. Ma come esseri umani no. Lei come li ha vissuti?

Dai litigi si capisce che il loro è un amore senza futuro.

Sì è così, ma Liat mentre litiga piange, non tanto per quel confine che la limita, quanto per la paura di non avere un confine che la protegga. Lei è debole. 

Tra i due è lei che ha più paura?

In ogni relazione problematica, c'è chi è più convinto e chi meno, Hilmi ci crede, forse perché è un uomo, un artista e forse perché è un arabo. Non ha il dna di lei, ogni donna ebrea porta dentro di sé un elemento di isolamento, di preservazione. Se lo guardiamo in modo ottimistico è quello che ci ha impedito di perderci, mescolandoci, ma dall'altro lato può essere interpretato come una forma estrema di orgoglio. Che ha portato parecchie catastrofi. 

Ci sono matrimoni misti tra palestinesi e israeliani?

In realtà è una cosa che non mi ha mai incuriosita, fino a quando un programma radiofonico ha deciso di indagare per scoprire se quella che veniva indicata come una minaccia dal ministro dell'Economia lo fosse veramente. E hanno visto che negli ultimi 20 anni i matrimoni tra arabi ed ebrei arrivavano a una media di 20 l'anno. Nulla. 

Il suo libro è stato bandito dai licei.

Sì un altro scandalo. Il ministero dell'Istruzione lo ha definito "una minaccia all'identità ebraica", è curioso come una storia potesse essere una minaccia per una tradizione millenaria. Ricordo ancora che in tv, alla radio, durante le interviste non sapevo che dire, balbettavo incredula: «ma..ma... è solo un romanzo». Ero confusa, come si poteva bandire qualcosa che in realtà era lo specchio della società. 

Non si aspettava questa reazione?

Ci ho messo sei anni a scrivere questo romanzo. Durante questo periodo il clima in Israele è peggiorato sempre di più, la politica è diventata sempre più nazionalista, estrema e radicale. Ho persino detto al mio editore che forse non era il momento giusto per pubblicarlo. Si parlava di dialogo, di pace, e la parola stessa era scomparsa dai discorsi politici. 

Il libro non poteva che finire così.

L'ho dedicato a un artista palestinese che ho conosciuto a New York. E questa è la realtà (e la voce si spezza...). 

Ci sarà pace in Israele?

Non capisco perché tutti lo chiedano a scrittori, attori, artisti. Noi lavoriamo con il sogno, con il fantastico, dovete chiederlo a chi ha più dimestichezza con la realtà. Quello che possiamo dare è una speranza, non certo una soluzione. 

Bordelife, di Dorit Rabinyan, Longanesi, pp. 373, euro 16,90, ebook euro 9,99.