Nonostante i contenuti edificanti di molti dei film presentati, il Festival di Cannes 2017, oggi alla sua seconda giornata di concorso non può fare a meno di vivere di croissant & polemiche.

Non è bastato a richiamare i festivalieri alla sostanza delle cose l´appello accorato di Vanessa Redgrave, che, alla bella età di ottant'anni, ha debuttato come regista in Sea Sorrow, documentario che schiaffeggia le coscienze di noi europei sulla questione dei minori migranti non accompagnati, richiamandoci alla fedeltà ai valori fondanti della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, e commuovendo la platea tal punto che alla fine tutti noi del pubblico abbiamo voluto accompagnare questa signora bella e diritta, questa autentica pasionaria del cinema, fino all'uscita della sala chiamandola e applaudendola con gli occhi umidi.

Vanessa Redgrave nel documentario Sea Sorrowpinterest
Vanessa Redgrave nel documentario Sea Sorrow.

Sul tema dei migranti e dei campi profughi insiste anche, in maniera più visionaria e poetica, Jupiter's Moon, dell'ungherese Kornél Mundruczó, che insegue la vicenda surreale del giovane siriano Aryan, ferito mentre cerca di passare la frontiera ungherese, che sopravvive alla sua condizione di clandestino e ricercato scoprendo di avere dei superpoteri, tra cui quello di volare.

E proprio ora che ci sentivamo tutti più buoni, nella nostra condizione di privileguati corrispondenti dal Festival del cinema più prestigioso del mondo, ora che anche le nubi minacciose che hanno scatenato il temporale di stanotte si stanno diradando e il cielo e il mare sono di nuovo blu, ora che pure gli sgherri solitamente imbronciati della Gendarmerie scuciono finalmente un sorriso storto alle giornaliste straniere, ecco che la tensione torna ai livelli di guardia con la proiezione mattutina dell´altro film del giorno, Okja, una delle due pellicole targate Netflix in concorso a Cannes, del regista coreano Bong Joon-ho.

È la storia di una polemica annunciata, sono ormai settimane che i cinefili più conservatori (e con loro gli esercenti dei cinema) contestano la decisione di ammettere tra i candidati alla Palma d´oro due film (Okja, appunto e Meyerowtiz stories di Noah Baumbach, il secondo titolo Netflix) che non solo destinati alle sale, ma solo alla visione in streaming. A buttare benzina sul fuoco niente meno che il presidente della giuria, Pedro Almodovar, che in conferenza stampa ha poco diplomaticamente dichiarato di trovare impensabile che a vincere la Palma d'oro possa essere un film che non uscirà al cinema, posizione che getta un´ombra legittima sulla sua equità nel coordinare i giurati verso la scelta finale. Giurati che, dal canto loro, non sono tutti schierati col presidente: ci ha pensato l'americano Will Smith a contraddire il presidente: «Le mie figlie hanno scoperto il cinema attraverso Netflix», ha spiegato, «ma i film li vedono molto volentieri anche al cinema».

Okja di Bong Joon-hopinterest
Okja, di Bong Joon-ho.

E il dibattito non poteva che trasferirsi, con le sue tifoserie, nell'arena delle sale del Festival, dove stamattina, alla proiezione al Grand Théâtre Lumière di Okja, che vede, tra i protagonisti, Tilda Swinton, Jake Gyllenhaal, Paul Dano e Lily Collins, sulla sigla iniziale, il logo Netflix è stato sonoramente fischiato da una parte del pubblico e pochi minuti dopo l'inizio, il film è stato sospeso. «Problemi tecnici», si è giustificata, scusandosi, l'organizzazione, che ha poi ripreso con un certo ritardo la proiezione, alla fine accolta da un applauso convinto.

Risultato? Okja, fiaba rocambolesca che parla dell'amicizia profonda tra una bambina coreana e un super maiale geneticamente modificato allevato da una multinazionale dell'alimentazione e purtroppo destinato al macello, alla fine è piaciuto parecchio. Tanto che per qualche giorno nei ristoranti sulla Croisette si registrerà un sensibile calo nelle ordinazioni di costolette e salsicce. Ma qui al Palais, e sui social, la polemica Netflix ha oscurato ogni recensione positiva.