Il mantra è noto: il cinema italiano è in crisi. Non è vero, ma piangersi addosso è pratica radicata a cui si può controbattere con i fatti. Vedi il successo di una commedia fuori dagli schemi come Perfetti sconosciuti, caso più eclatante (a parte Zalone, che gioca in un altro campionato) di un desiderio di cambiamento e rinnovamento che parte dalle storie e coinvolge anche registi e attori. Parlando di questi ultimi, l'ultimo scorcio di stagione cinematografica ha definitivamente sancito il talento di Luca Marinelli, protagonista di Non essere cattivo, struggente testamento artistico di Claudio Caligari arrivato alle soglie degli Oscar, e malvagio antagonista di Claudio Santamaria in Lo chiamavano Jeeg robot. Il film di Gabriele Mainetti è il dominatore dei David di Donatello con 16 candidature e Luca potrebbe fare una doppietta, essendo nominato sia come protagonista per il film di Caligari, che come non protagonista nel secondo. 

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Un riconoscimento a un attore giovane, 31 anni, e molto serio. Dopo l'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico di Roma, nel 2010 Saverio Costanzo lo ha scelto per il ruolo di Mattia per La solitudine dei numeri primi e Paolo Virzì l'ha consacrato nella commedia romantica Tutti i santi giorni. Poi è venuto Paolo Sorrentino, che l'ha voluto ne La grande bellezza. Il presente è noto, il futuro ce l'ha raccontato lui a Londra, in occasione di Cinema made in Italy, rassegna che presenta il meglio della nostra produzione nel Regno Unito. Timido, riservato, gentilissimo, si presenta in maglione e jeans comodi.

Come ci si sente a essere la più grande star italiana del momento?

Non lo so, perché non lo sono. Questo lo dice lei.

Non solo io, per fortuna. Non essere cattivo e Lo chiamavano Jeeg robot sarebbero due film diversi senza di lei. Come ha fatto?

Grazie, ma ho fatto semplicemente del mio meglio. Purtroppo non posso più augurare a nessuno di incontrare Claudio Caligari. Senza di lui il mio Cesare non sarebbe venuto fuori: il personaggio  nasce dalle sue indicazioni, dalla sua scrittura. Quando ho letto la prima volta la sceneggiatura di Non essere cattivo mi è venuto l'affanno, a dieci pagine dalla fine non avevo più aria. Claudio mi ha fatto perdere otto chili, ha fatto vivere a me e ad Alessandro Borghi il mondo di Ostia nel passaggio tra l'eroina e le droghe chimiche, ci dava indicazioni e poi ogni tanto diceva: «Fatela come la sentite». Purtroppo questa fiducia, questa libertà resteranno un'esperienza unica.

Unico resterà anche lo Zingaro di Lo chiamavano Jeeg robot, miscela perfetta tra un cattivo della Marvel e Crudelia Demon.

Ha ragione, e a me Crudelia faceva tanta paura da ragazzino. Quando ho letto il copione non riuscivo a capacitarmi che in Italia si potesse fare una cosa del genere, quindi ci ho creduto subito. Mentre  facevo le prove costume mi immaginavo lo Zingaro che andava vestito in quel modo per Tor Bella Monaca, a un certo punto ho pensato di farlo sul serio. In fondo è solo uno dei tanti che, come si dice a Roma, «vole svortà» e ha un rapporto ossessivo con i social network.

Da come lo dice, il suo rapporto con i social non dev'essere dei migliori.

No, ho un profilo Twitter e una pagina Facebook, li uso per sostenere i miei film o quelli che amo. Ma in generale li trovo invasivi e impersonali, se voglio dire qualcosa a qualcuno scrivo una lettera.

Una lettera. L'impressione che dà è quella di un personaggio romantico, d'altri tempi. Anche sul piano professionale. Pochi film ma ben scelti.

Ci provo, non ho mai fatto più di un film l'anno, e comunque non me ne offrono tanti. Magari sbaglio ma per me è così: in questo lavoro bisogna prendersi delle responsabilità, trasmettere valori.

Ha congedato Cesare e lo Zingaro o se li è portati a casa?

Dopo Non essere cattivo togliersi la giacca di Cesare, metterla su una stampella e riporla nel posto migliore dell'armadio è stato un lungo processo e forse non è ancora finito, siamo sempre la banda Caligari. Ma anche per Jeeg è stato simile, un personaggio vale una vita, lo devi far nascere, crescere, vivere. Poi a un certo punto lo devi anche lasciare andare.

Quando nasce l'attore Luca Marinelli?

Credo di averlo sempre avuto dentro, sin da bambino sentivo questo bisogno, non per essere al centro dell'attenzione. Anzi: di solito sono uno che sta in disparte, ma avevo urgenza di raccontare qualcosa. A un certo punto ho detto: proviamo, e vediamo come va. Finora è andata bene.

E continua ad andare, con due film alle porte, uno finito e uno da iniziare.

Sì, a metà aprile inizio le riprese di un film molto bello che sto aspettando da tempo e non vedo l'ora di girare (si tratta di Ombre bianche di Fabio Mollo, il regista di Il Sud è niente, ndr). E poi ho un ruolo minore in Tutto per una ragazza, tratto dal romanzo di Nick Hornby e diretto da Andrea Molaioli, in cui interpreto il giovane padre del protagonista, che è a sua volta un adolescente, benché genitore suo malgrado.