"Mettetevi comodi perché ho un po' di cose da dire", ha detto Frances McDormand, premio Oscar 2018 per la sua straordinaria interpretazione in Tre manifesti a Ebbing Missouri (film che se per qualche ragione avete mancato, ebbene attrezzatevi per recuperare il prima possibile). E le ha dette, se non cantate, le sue cose, questa attrice immensa che ci ha fatte innamorare tanto tempo fa, ancora prima di splendere in Fargo dei fratelli Cohen. Ovvero quando, nel 1988, si immerse in quel magma crudo e spietato firmato Alan Parker che era Mississippi Burning. Trent'anni e due Oscar dopo, McDormand ha fatto il discorso più imprevedibile, e più applaudito, dell'intera serata. Il fulcro? Tutto nel finale, quando ha salutato dicendo: "Ho due parole prima di lasciarvi stasera, signore e signori: INCLUSION RIDER".

Ma di che cosa si tratta, per noi così lontani dalla galassia hollywoodiana e dai suoi movimenti? Ebbene, l'Inclusione Rider è una clausola, nota agli addetti ai lavori del cinema, che gli attori possono scegliere di inserire nei loro contratti per avere la garanzia che la troupe e il cast del film in cui reciteranno rispetti un certo livello di incisività. Verso chi? Ma verso le minoranze, naturalmente. Quindi donne, gruppi etnici poco rappresentati, persone con disabilità, rappresentanti della comunità LGBT. Così, dopo che nel 2016 agli Academy Awards la protesta aveva preso forma sotto l'hashtag #Oscarsowhite, a sottolineare come la stra grande maggioranza dei candidati fosse bianca che più bianca era impossibile, quest'anno Frances McDormand, che si è definita "madre di un figlio ben educato da una femminista, ha allargato lo sguardo, e vien da dire se non ora quando, a tutti i discriminati di Hollywood. Ribadendo, anche dietro le quinte, quanto questa istanza le stia a cuore.

Tutto ciò ce l'ha fatta, qualora fosse possibile, amare ancora e ancora di più.