Perché il bikini è il primo vero manifesto femminista
Dal 1946 a oggi il costume a due pezzi è stato molto di più di un accessorio moda, decisivo nell'evoluzione dello stile femminile: altro che t-shirt di Dior...
Forse non tutte lo sanno, ma il primo vero manifesto femminista, prima delle t-shirt alla Dior, è stato il bikini.
Simbolo dell'emancipazione femminile è buffo pensare che la sua storia abbia avuto inizio per un mero problema economico: con la guerra i materiali tessili servivano per le uniformi miliari e nel 1943 il governo statunitense ordinò una riduzione del 10% dei materiali usati per confezionare costumi femminili.
È il 5 luglio 1946 quando viene presentato per la prima volta il bikini. A inventarlo è il sarto francese Louis Réard ispirato da un prototipo, l'Atome, ideato dal designer francese Jacques Reim qualche mese prima e dall'immagine di una bagnante a St. Tropez vista ad arrotolare le estremità del costume per abbronzarsi meglio.
«Il costume più piccolo al mondo», viene così commercializzato ed è destinato a fare la storia della moda e del costume. Louis Réard lo sa, tanto che lo chiama come un atollo sperduto del Pacifico dove venivano condotti test nucleari e dà il compito a Micheline Bernardini, spogliarellista di Parigi, di indossarlo la prima volta. Tutto il resto è storia (compreso il fatto che per anni alcune leggi vietano di indossarlo e che il Vaticano lo considera peccato)!
È dunque un uomo che dà il potere alle donne di essere per la prima volta davvero padrone del proprio corpo, sicure del proprio status, libere di mostrare lembi di pelle per diletto e non necessariamente per seduzione.
Dalle dive di Hollywood, Marylin Monroe e Brigitte Bardot, alle Pin Up passando per le eroine dei film, dalle Bond girl in su, arrivando agli Angeli di Victoria's Secret, il bikini si è fatto portavoce dell'autodeterminazione dell'io femminile e femminista fino a quando c'è stato bisogno di scriverlo sulle magliette.
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