La storia di Cristina Bowerman è fatta di passione, coraggio e tantissima determinazione: lei, chef stellata, mamma e imprenditrice, è una che difficilmente si fa sopraffare dalle difficoltà. In occasione della quarta edizione del Festival della Comunicazione (Camogli, 7-10 Settembre 2017) abbiamo fatto due chiacchiere con Cristina che interviene al Festival con l'incontro Folgorati sulla via di Damasco.

Avvocato prima, designer poi, chef finalmente. Un percorso non proprio lineare: ce lo spieghi?

Sono arrivata negli Stati Uniti ufficialmente per seguire un master dopo la mia laurea in Giurisprudenza. Per molti anni in realtà ho lavorato nel campo del design, poi nel 2000 la decisione di laurearmi in Arti Culinarie presso l'Università TCA. Da quel momento mi sono data dieci anni di tempo per avere successo (e per successo intendevo svolgere la professione al massimo delle potenzialità). Ero convinta che cucinare fosse più del semplice spadellare: era cultura, tradizione, creatività.

Un sogno che quindi inizia all'estero, poi però rientri in Italia.

Decidere di lasciare Bari, e la Puglia, è stata una scelta quasi inevitabile: una necessità vitale, qualcosa che desideravo da sempre. Probabilmente la voglia di viaggiare e di vivere lontano da casa faceva parte del mio dna: volevo conoscere il mondo e così sono partita. Nel 2004 però torno in Italia. Volevo imparare a fare la miglior pasta fresca del mondo e poi rientrare ad Austin: e invece eccomi a Roma da ormai undici anni, ho dovuto cogliere le opportunità che mi si sono presentate.

Ma gli Stati Uniti rimangono sempre un po' con te.

Gli americani mi hanno insegnato che tutto (o quasi tutto) è possibile: non importa se ti dicono che è troppo difficile, se ti ripetono che non ce la farai. «Non puoi farcela» non è una frase in uso negli States: l'American dream è ancora vivo. L'importante è crederci e avere il coraggio di osare.

Di premi e i riconoscimenti ne hai conquistati diversi, non solo la stella Michelin. Qual è stato l'ingrediente segreto del tuo successo?

La passione per il cibo. La cucina ha tirato fuori il mio lato artistico. Quando ho realizzato che cucinare voleva dire trasmettere cultura, tradizione, creatività ho capito che sarebbe diventata la mia professione. È un lavoro bellissimo quanto duro e come per tutti gli altri lavori del mondo, richiede di reinventarsi noi stessi con fantasia e coraggio, guardando sempre oltre.

La cucina è un mondo molto spesso maschile. A livello di numeri però, quello delle chef donne cresce di anno in anno. Segno di una situazione destinata a cambiare?

Oggi in Italia ci sono tantissime donne che possono essere modelli per le nuove generazioni (e non solo). Sono chef, scienziate, ricercatrici, donne astronauta, manager: svolgono ogni giorno (troppo) silenziosamente ruoli fondamentali per la società senza che venga loro riconosciuto il giusto merito: ne gioverebbero sia la loro autostima che tutte le donne alla ricerca di modelli.

In un certo senso tu ne sei una dimostrazione. Continui a studiare e insegni. Per quanto creativo questo lavoro richiede pianificazione, equilibrio e obiettivi chiari.

Dietro l'inventiva c'è un grande studio. Per fare bene è necessario unire alla curiosità, una buona dose di studio e di esperienza. La contaminazione nella mia cucina (come nella mia vita) è imprescindibile. E come imparare la diversità se non nell'incontro con l'altro? Il confronto soprattutto con i giovani e con persone con background differenti dal mio è un ottimo modo per mantenersi aggiornati e trovare stimoli. Per questo insegno e devo ammettere poi che vedere delle persone, alle quali ho trasmesso qualcosa, andare avanti e farsi strada nel mondo del lavoro è una soddisfazione immensa.

Oggi mamma, imprenditrice (i locali Romeo, Giulietta, Frigo, oltre a Glass Hostaria), insegnante e chef. C'è un ingrediente segreto?

La mentalità moderna (e italiana), fatica ancora a sovrapporre le figure di madre, moglie e professionista. Ma è solo questione di organizzazione, priorità e duro lavoro. Purtroppo, o per fortuna, non c'è nessun ingrediente segreto.

Se tornassi indietro cosa diresti alla Cristina studentessa di Giurisprudenza?

Le stesse cose di dieci anni fa! Provaci! Sono senza rimpianti: vorrei rivivere la mia vita esattamente come l'ho vissuta.

Un consiglio per tutte le giovani Cristina che ci stanno leggendo?

Disciplina, coraggio e capacità di osare senza mai perdere di vista la ricerca dell'equilibrio. Rischiare sì, ma essere lucide e forti per sopportare le conseguenze dei rischi che si prendono. E poi avere sempre un punto di riferimento e qualcuno a cui ispirarsi. Non lasciate che vi fermino, seguite i vostri sogni e le vostre passioni, e lavorate duramente! Abbiate il coraggio di esprimere ad alta voce desideri e bisogni, e assicuratevi soprattutto di sottolineare i vostri meriti.

Che sapore ha realizzare i propri sogni?

Sweet! Quello del miele: dolce, complesso, naturale, versatile e, infine, bello a vedersi!