Bellezza, anno Domini 2017, chat su Instagram. «Ma tu e le tue amiche li usate gli occhiali da vista finti?». «Noi no, ma vanno molto fra chi segue le fashion blogger». M. ha 16 anni e mi svela un mondo a rovescio. Mia madre ricorda la sofferenza di quando alle medie la chiamavano "quattrocchi", perché negli anni 50 portare gli occhiali non era figo, anzi. E invece scopro che oggi lo è diventato così tanto che le adolescenti comprano lenti finte, dalle montature nerd, si fanno selfie e li postano sui social. Quello che fino a qualche tempo fa era visto (e a torto) come un difetto di cui vergognarsi, ora è un tratto desiderabile.

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In sfilata da Gucci.

La stessa trasformazione la osservo un po' più "in basso": ricordo noi ragazzine degli anni 90 legare in vita felpe e maglioni, per camuffare il fondoschiena, ritenuto sempre e comunque grosso, irrimediabilmente. Una liberazione, invece, vedere come adesso tutte le forme iniziano a essere mostrate senza troppi complessi, se non con orgoglio. Persino l'apparecchio ai denti è diventato più cool, il modello ventenne Charlie James ne ha fatto il suo marchio in passerella.

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#fuckinghotness #🃏Un post condiviso da Model (@charliejamesmodel) in data: 1 Set 2016 alle ore 11:08 PDT

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Lo standard di bellezza dominante in Occidente nell'ultimo secolo è rimasto più o meno uguale - l'identikit dice "donna caucasica snella e alta, dai lineamenti regolari e simmetrici" - e in larga parte è ancora così. Eppure nell'ultimo periodo qualcosa è cambiato, basta un rapido giro online per rendersene conto. Il 2014 può forse essere considerato punto di svolta. In quell'anno Winnie Harlow partecipa ad Americas' next top model e finisce per diventare una modella richiestissima, lasciandosi alle spalle gli anni in cui era bullizzata per la sua vitiligine.

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Summer please take me back 💙Un post condiviso da ♔Winnie Harlow♔ (@winnieharlow) in data: 15 Nov 2017 alle ore 08:01 PST

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Sempre nel 2014, Ashley Graham, oggi icona plus-size, appare sulla copertina di Elle Québec, mentre Meghan Trainor spopola con la hit All about that bass, che critica l'uso smodato di Photoshop nelle riviste «perché ogni centimetro di te è perfetto/da capo a piedi». Sfide agli stereotipi, negli anni sempre più numerose.

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La modella Ashley Graham.

«Nel caso non l'abbiate capito, sono una donna. Sono umana». Per la top inglese Charli Howard la rivelazione è arrivata il 13 ottobre 2015, quando su Facebook ha scritto alla sua agenzia, che la costringeva a diete estreme, due semplici parole: fuck you. «Ho combattuto la natura a lungo, perché avevate bollato il mio fisico come troppo "sinuoso", ma da poco ho cominciato ad amarlo». Ora Charli posa come vuole, e da questa nuova libertà è nata All women project, una fondazione che vuole migliorare l'autopercezione delle donne di tutto il mondo, diffondendo solo immagini non ritoccate.

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Soz for insta overload but also I don't care #Sedona ❤️❤️❤️Un post condiviso da Charli Howard (@charlihoward) in data: 4 Nov 2017 alle ore 10:48 PDT

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Certo, di strada da fare ce n'è ancora tanta, non bastano gli hashtag motivazionali da #embraceyourself a #bodypositive - secondo una ricerca di Dove, marchio pioniere nel campo dell'autostima, solo il 4 per cento delle donne al mondo si considera bella (dato raddoppiato rispetto al 2004, però). Ma una nuova estetica, meno irraggiungibile, si sta facendo largo, e questo è un fatto, che siano le rime di Kendrick Lamar, quando rappa nella sua Humble «mostrateci fondoschiena naturali/con le smagliature», o le sfilate di Gucci, gender fluid e anticonvenzionali.

Una nuova estetica, meno irraggiungibile, si sta facendo largo nel mondo, anche nelle passerelle

O ancora, la moda dei selfie senza trucco: negli ultimi 100 anni, celebrità doveva per forza far rima con bellezza. La perfezione faceva parte della fama, un sogno irraggiungibile. Oggi le star si mostrano sempre più al naturale, e per questo vengono apprezzate. Una Chrissy Teigen, modella e moglie di John Legend, che posta su Instagram le smagliature post gravidanza sarebbe stata impensabile fino a poco tempo fa.

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Chrissy Teigen.

Se la bellezza, da singolare, è diventata plurale, il merito è molto della Generazione Z, i nati dal 1995 in giù, che domani avranno in mano il mondo. Quelli che sanno - meglio dei loro genitori o fratelli maggiori - come non esista un solo modo di essere. Secondo uno studio dell'agenzia di marketing Barkley, tengono in estrema considerazione l'accettazione di sé: vogliono valorizzare ciò che amano di se stessi, piuttosto che nascondere quello che non apprezzano. Cresciuti nell'era digitale, sono consci del fatto che la loro immagine è pubblica come mai prima d'ora, possono finire online in ogni istante. Individualisti dal cuore d'oro, sono la generazione più multietnica di sempre, per la quale "diversità" è un termine chiave. Hanno assorbito pari opportunità e diritti, soprattutto al femminile, e accolgono le differenze più delle generazioni precedenti. Secondo l'agenzia The Sound, trovano la perfezione noiosa, meglio essere unici.

I nati dopo il 1995 rappresenteranno il 40% dei consumatori nel 2020: un mercato prezioso per la cosmesi, che ascolta la loro voglia di diversità

Per farlo, ricorrono a make up sempre più sperimentali, mezzo di espressione più che di valorizzazione. E infatti il mondo della cosmesi ha iniziato ad ascoltarli, diventando un po' meno a senso unico e un po' più inclusivo delle differenze, anche perché, secondo Forbes, la Generazione Z rappresenterà il 40 per cento dei consumatori entro il 2020, e già nel 2013 avevano una paghetta di 44 miliardi di dollari l'anno. Fenty, la linea beauty di Rihanna (un'altra che se ne frega degli streotipi imposti), vanta 40 basi colorate, per ogni pelle al mondo. Un'operazione simile l'ha fatta L'Oréal Paris con i suoi fondotinta – tra le testimonial, la schermitrice Bebe Vio, che dice di non voler coprire con il trucco le cicatrici lasciate dalla meningite «perché non sarei io. Mi sento diversa, ma cerco di far vedere la mia diversità come fosse una cosa normale».

Bebe Vio nella campagna di L'Oréal Parispinterest
Courtesy L'Oréal Paris
Bebe Vio nella campagna di L\'Oréal Paris.

«Su Internet potenzialmente si può parlare di tutto, e questo è una risorsa. Permette di far arrivare messaggi fuori da canoni determinati, per tutti c'è la possibilità di dare voce a come ci si sente o a come si desidera essere», spiega Roberta Cacioppo, psicologa e psicoterapeuta. «Questo è positivo, soprattutto nell'adolescenza, quando è fondamentale avere modelli di riferimento: si esce dalla famiglia d'origine e si cerca una famiglia sociale alla quale poter appartenere. Scoprire di non essere da soli è fondamentale, il diventare adulto non è dissociabile dalla dimensione di gruppo o culturale. Con il nuovo utilizzo dei media, poi, i canoni estetici si sono moltiplicati, diversificati. Adesso sono molto più aderenti alla realtà, che è variegata, e anche divertente: l'idea che sono apprezzabili persone dalle linee più morbide, perché è quello che di fatto succede nella realtà, o il modo in cui si guarda a certe manifestazioni estetiche della disabilità, che invece una volta si nascondevano. Questi sono modelli fondamentali, per adolescenti e adulti». Come ha scritto Alicia Keys, che da oltre un anno ha smesso di truccarsi, per tutte noi arriva un momento nella vita in cui cerchiamo di essere perfette, "camaleonti" che si adeguano alla massa. Poi arriva la rivoluzione: capire che la bellezza non è negli occhi di chi guarda, ma di chi si guarda, e nel farlo se ne infischia del giudizio degli altri.

(nella foto d'apertura, da sinistra: Winnie Harlow, Bebe Vio e Ashley Graham).