Sulla cannabis è vero tutto e pure il suo contrario. Non dà dipendenza (fisica), può scatenare episodi psicotici, se tagliata con cocaina all'insaputa del consumatore è un possibile "ponte" per le droghe pesanti; le sue proprietà aiutano migliaia di malati, liberalizzarla forse ne farebbe diminuire il consumo e di sicuro frenerebbe le mafie. Non c'è sostanza più controversa della cannabis. E mentre impazza l'hashtag #legalizziamo, la proposta per renderne lecito l'uso ricreativo e terapeutico è arenata in Parlamento.

Il consumo di cannabis in Italia

Se ne parla (anche) perché i ragazzi di cannabis ne consumano tanta, in Italia più che altrove: secondo uno studio Espad, 4 su 10 l'hanno provata almeno una volta. Negli ultimi 30 giorni l'ha usata il 15 per cento dei nostri studenti, secondi solo ai coetanei francesi (17 per cento). Sussulta Fabrizio Schifano, psichiatra e farmacologo; basato a Londra, è opinion leader a livello internazionale sul tema delle nuove sostanze psicoattive. Lo preoccupa un mito ancora agganciato all'immaginario collettivo di milioni di adolescenti, e adulti: «Il vecchio spinello, l'erba di una volta, non esiste più. Nella "canna" in circolazione fino ai primi anni 2000, il principio attivo, il Thc, stava all'1 per cento. Gli effetti, scarsi: in genere, una lieve sensazione di benessere». La "fattanza" degli hippie era spesso una cosa di testa. «Invece oggi il Thc è schizzato anche oltre il 25 per cento». 25 volte più di un tempo: una botta. «Inoltre il cannabidiolo, un antagonista naturale del Thc con effetto calmante, è stato minimizzato o annullato». Ma da chi? Dai coltivatori, che usano piante ogm: selezionate le più potenti e le più produttive. «Sulle piante vengono poi spruzzate, a mano, sostanze di sintesi che amplificano l'effetto naturale», spiega Schifano. «Se becchi i punti con maggior concentrazione ti fumi una canna-monstre 200 volte più forte dell'originale». Senza contare i diserbanti, i detersivi, le sostanze tossiche con cui spesso la "ganja" viene tagliata.

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Poi ci sono i cannabinoidi sintetici

«Mimano gli effetti della cannabis naturale. In commercio a centinaia, diabolici perché non rintracciabili nelle urine e fortissimi: fino a 1.000 volte più della vecchia canna», spiega Alessandro Vento, psichiatra e responsabile dell'Osservatorio dipendenze. «Sono pericolosi soprattutto per gli adolescenti, il cui sistema nervoso centrale è ancora in fase di sviluppo. Le strutture profonde, sottocorticali, del cervello, quelle che spingono all'azione e alla ricerca del piacere, sono mature e potenti. Mentre le strutture corticali – specie la corteccia frontale, che ha funzione inibitoria – finiscono di maturare solo a 25 anni». Come guidare una Ferrari con i freni di una 500. I cannabinoidi poi «interferiscono con il neurosviluppo: hanno recettori in tutto il cervello e attraversano le membrane dei neuroni» sguazzando liberi nell'encefalo, «dove restano per settimane dopo l'ultima assunzione». Tenerci a lungo le sinapsi a bagno chiede un conto salato: «Ai test del Q.I., i consumatori abituali fanno in media otto punti in meno dei non fumatori. Poi ci sono gli attacchi di panico, gli episodi psicotici, i disturbi del comportamento».

Assolvere hashish e marijuana, almeno in parte

Tutta roba che al target di uno dei più grandi traffici illegali del mondo – i ragazzi – interessa, purtroppo, poco o niente. Dove schiere di genitori fiutano il pericolo, i figli vedono divertimento, opportunità. Rileva giustamente Federico Tonioni, psichiatra, psicoterapeuta ed esperto di dipendenze: «È vero, la mente degli adolescenti è in divenire e vulnerabile. Ma ha anche grandi capacità trasformative e autoterapeutiche. Nessun adolescente vuole morire. Semmai, attraverso l'uso di una sostanza come la cannabis, vuole provare a "mettersi in relazione con", a stare bene. Tentativo destinato a fallire, ma deve scoprirlo da solo». Hashish e marijuana, secondo lui, vanno comunque assolti almeno in parte. «Non ho mai dovuto disintossicare nessuno dalla cannabis, moltissimi dagli ansiolitici». Quando bisognerebbe preoccuparsi? «Quando la dipendenza diventa compulsiva, improcrastinabile. Quando il "desidero" si trasforma in "ho bisogno". Quando non riesco ad attendere, come una bulimica davanti al cibo. Arrivo a dire che non è tanto importante la sostanza, quanto il tipo di spinta verso quella sostanza. E comunque dalla maggior parte delle abitudini, anche dannose, nella maggior parte dei casi si recede spontaneamente».

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L'uso terapeutico della cannabis

Quanto al Thc alle stelle, puntualizza Tonioni, «Non è una vera e propria manipolazione, piuttosto una selezione delle piante madri, messa in atto in origine – guarda un po' – dalle case farmaceutiche, che della cannabis fanno sempre più spesso un uso farmacologico». Perché è vero, la cannabis funziona, specie per le malattie degenerative muscolari; attenua dolore, spasmi, è un antiemetico in chemioterapia. «Quanto all'uso ricreativo in adolescenza, non giustifico l'allarmismo diffuso: per me, poiché non dà dipendenza fisica e nessuno muore per overdose da cannabis, resta una droga leggera. Il problema è quando le do una funzione pesante. Quando la metto al posto del pensiero, quando prima di andare a scuola devo farmi una canna. E poi un'altra, e poi non le conto più». A chi accusa lo spinello di scatenare la schizofrenia: «Ho più di una perplessità. Semmai può servire a fare emergere qualcosa che già correva sottotraccia. Certo: può scatenare panico e perdita di controllo. Del resto è proprio quel che l'adolescente vuole: se sgamato, alterna uso di sostanze per programmare stati d'animo».

Come reagire se tuo figlio fuma cannabis

La canna (ma anche l'alcol) è un surrogato dell'amore, «di cui i ragazzi hanno tanta paura; temono la dipendenza affettiva. L'abuso e il poliabuso sono tentativi di controllare le emozioni». Come dovrebbero reagire gli adulti? Anche se costa fatica, continua Tonioni, «confermando la fiducia e allentando il controllo. Accettando l'impreparazione. Agli adolescenti tendiamo a dare regole per ridurli all'obbedienza, invece le regole servono a intavolare trattative. E quel confine, il compromesso, è l'unico posto in cui entrambi, genitori e figli, possiamo crescere».