«Dobbiamo davvero cambiare cominciando dalle periferie perché ci giochiamo tutto lì», è stata una delle prime frasi pronunciate dopo le elezioni dal nuovo sindaco di Milano Beppe Sala e dal suo team. «Lì»: ovvero tra gli eterogenei reticoli di vie che tengono assieme gli ex laboratori trasformati in locali da swing e le gallerie d'arte, i vecchi gasometri dal fascino spettrale e le architetture sventrate di quel che resta della Milano industriale, i circoli dei pensionati e i mercatini vintage, gli artigiani del vetro e i tattoo-saloon. Fino a pochi anni fa, quel che in città era «fuori dalla cerchia» (della circonvallazione) era un non luogo, una peste da evitare. Oggi, complici i costi ancora abbordabili degli immobili, sono in molti a voler vivere e lavorare in aree decentrate, come i quartieri ex industriali di Bovisa e Lambrate.

Il futuro è nelle periferie

«L'ha detto bene Renzo Piano: nelle periferie è il futuro», riflette Stefano Pellegrini, autore dell'arguto libretto Noi viviamo in periferia – Tutto quello che mi serve veramente sapere l'ho imparato in Bovisa (anche un sito, noiviviamoinperiferia.net), un piccolo culto. «Eppure la nostra zona è come sospesa, ferma proprio sulla rampa di lancio». La dicotomia bovisienne vede da un lato il Politecnico (facoltà di Ingegneria e Design), le start up dell'era digitale e i locali cool spuntare qua e là come funghi; dall'altro la vita quotidiana, ancora molto da paese – per strada ci si saluta tutti – ma anche i vecchi materassi e i carrelli della spesa abbandonati «che in centro non vedresti mai», e certi giardinetti sgarrupati restituiti alla vita quasi solo dai figli degli immigrati, uno su due nelle scuole di zona: «Sono loro la ricchezza del quartiere, loro che di nuovo popolano altalene e scivoli, loro quelli di cui occorre tener conto se sogniamo uno slancio verso il futuro», conclude Pellegrini. 

Il futuro è nelle periferie

«Vivere in periferia può esser bello», conferma con semplicità Fulvia Ramogida, vicepresidente di Made in Lambrate (madeinlambrate.org): una quarantina di soci, associazione culturale fortemente voluta dall'architetto Mariano Pichler che sta rivitalizzando il quartiere connettendo il territorio e gli artisti che negli anni hanno scelto di aprire qui i loro laboratori, gallerie, showroom. «Lambrate è un'isola eccentrica e accogliente, densa di ricordi, raccolta entro i confini del Lambro e della ferrovia, intrisa d'arte e però genuina». Isola dove tutto può succedere a patto che sia ben guidato: «Per esempio Ventura XV, lo spazio dove lavoro con sede nell'ex fabbrica Faema, ospiterà dal 15 settembre 2016 la mostra Real bodies: all'estero ha sempre fatto il tutto esaurito». Una cosa per stomaci forti (con veri organi e corpi umani) ma certo interessante. 

Red, Street fashion, Concrete, pinterest
Matteo Carassale

Lambrate, come i ciliegi in Giappone, fiorisce ogni anno ad aprile, con il Salone del mobile: «È proprio qui il circuito di eventi collaterali del Fuorisalone più interessante e sperimentale», spiega non senza orgoglio Andrea Gianni, architetto, esperto di design e autoproduzioni, che in zona gestisce lo spazio Subalterno 1, mentre la moglie Cecilia Di Lorenzo a pochi metri di distanza ha un negozio di abiti vintage e bijoux che si chiama come il cap della zona: 20134. Una volta al mese, l'East Market (mercatino del modernariato) richiama torme di curiosi, mentre nelle vie Conte Rosso e Ventura l'attività di artisti e artigiani è perpetua: ci sono la galleria di Francesca Minini che con la sorella Alessandra valorizza talenti contemporanei, la Nam Gallery per artisti emergenti, la Plusdesign, la Daal... Secondo Marco Montella, studi di architettura alle spalle, oggi imprenditore immobiliare tra i fondatori di Urbanfile.org, «La riconversione di Bovisa è più difficile perché l'area è più isolata, specie dove c'è la Goccia, con la ferrovia che diventa un impedimento fisico anziché una linea di confine». 

Un gigantesco polmone verde

Già, la Goccia: proprio accanto al Politecnico, un polmone verde di 42 ettari di bosco spontaneo con 2500 alberi di alto fusto, straordinaria wilderness urbana cresciuta attorno agli ex gasometri che ora il Comune vorrebbe bonificare e trasformare in parco cittadino, osteggiato però da un comitato ambientalista. L'attenzione all'ecologia in Bovisa ha radici nel passato: qui nel 2001 è sorta la prima biocasa d'Italia, palazzone costruito con criteri "eco" i cui condomini hanno preso in gestione un terreno comunale trasformandolo in parco: loro lo curano ma possono andarci tutti, sul muro di recinzione spicca la scritta «Armenia films», uno dei primi teatri di posa italiani, aperto nel 1911. A due vie di distanza c'è la Ribalta, microbirrificio artigianale dove, spiega fiero uno dei tre soci Marco Longhi, «cominciano a venire da tutta Milano», mentre le ex Cristallerie Livellara di via Bovisasca, capolavoro art decò sorto nel 1935, è dalla scorsa estate locale swing ribattezzato Spirit de Milan, con i suoi interni da urlo già una delle mete più gettonate della città. Più vecchia è la Scighera, che in milanese vuol dire «nebbia»: musica dal vivo, teatro e cultura in questo angolo fuori dai circuiti classici dove Margherita Hack insistette per tenere una delle sue ultime conferenze. «Le periferie sono posti da scoprire, da maneggiare con cura e rispetto», conclude Stefano Pellegrini. «Un po' come è tutta Milano: si dice non ci sia niente da vedere, ma se cerchi bene qualcosa lo trovi eccome. Secondo me siamo pronti per decollare. E a mollarla, quella rampa di lancio».       

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