«Davvero pensa che sia io a perderci?». Lorenza Indovina ribalta con un sorriso il punto di vista di chi, avendo visto Forever young, ritiene che il suo personaggio – un'affascinante fisioterapista di quasi cinquant'anni – sia l'unico a cui il finale non mette a posto le cose. Il film, diretto da Fausto Brizzi (e da oggi nei cinema) è una "scorticata sociale" su un gruppo di signore e signori di mezza età incapaci di venire a patti con il tempo che passa.

In una carrellata di lifting, fitness, fidanzate poco più che teenager, toy boys e patetici look da giovani anni '80, la fisioterapista è l'unica che prova a recuperare un direttore di radio (Fabrizio Bentivoglio), diviso tra due istinti: quello, ragionevole, di lasciarsi sedurre dalla sua bella coetanea e l'altro, malsano, di continuare la relazione con una matricola universitaria. Come finisca, è facile intuirlo. «Ma a me sta benissimo, meglio rimanere sola con la compagnia del mio cane che inseguire uno come lui».

Quanto c'è di vero nel film per come ritrae i suoi coetanei?
C'è molto. Ne conosco molti di cinquantenni, e oltre, terrorizzati dall'invecchiare. Persone che frequentano un rave party anche se non gli regge la pompa, come diciamo a Roma. Non li giudico, ma nemmeno ci esco a cena: preferisco una sera a casa con un libro, mio marito (lo scrittore Niccolò Ammaniti, ndr) e i nostri due cani.

Quindi invecchiare non le fa paura.
Tutti noi possiamo sentire il bisogno di ritornare al tempo in cui avevi una vita intera davanti, perché la perdita di giovinezza, in quanto perdita, non è bella. Ma penso anche che rimanere Forever young, come dice il titolo del film, sia possibile mantenendo la curiosità per quanto ci accade intorno, capendo le persone più che giudicandole, lasciandosi sorprendere dalla bellezza delle cose come fosse un atto di generosità. E io mi sento così.