Gli occhi. Se è vero che sono l'unico posto dove risiede l'anima, l'uomo che ho di fronte dev'essere uno strano insieme di orgoglio e fragilità, di tenerezza e ritrosia, inquietudine e romanticismo. Un'anima di quelle che dovrebbero venire al mondo con su scritto "maneggiare con cautela" e che, invece, finiscono urtate (e ferite) più del dovuto perché incapaci di difendersi da sole. L'uomo che ho di fronte in un pomeriggio di maggio più freddo del previsto è Riccardo Scamarcio, attore di grande talento a dispetto di tutte le etichette che la vita gli ha appiccicato addosso, un po' per la bella faccia, un po' per l'amore con Valeria Golino, più grande e all'inizio più famosa di lui. 

Lo incontro nel bar di un hotel che sarebbe perfetto per un remake milanese di Alice nel paese delle meraviglie e fa da sfondo a un'intervista che, sulla carta, sembra altrettanto surreale. Perché normalmente non parla volentieri di sé, figuriamoci dopo aver visto negli ultimi due mesi la sua storia con la Golino vivisezionata sui giornali (e non solo di gossip) e data al capolinea, in spregio al dolore e alla versione dei protagonisti. 

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Arriva con qualche minuto di ritardo, si siede, sorride e ordina un caffè perché, dice, ha bisogno di svegliarsi. È qui per parlare del suo film Pericle il nero (nelle sale e a Cannes per la sezione Un certain regard), tratto dal romanzo di Giuseppe Ferrandino, di cui Riccardo è protagonista e produttore (insieme con Valeria Golino e con i fratelli Dardenne). «Pericle il nero è la storia di un orfano adottato da una famiglia di criminali e addestrato a sodomizzare la gente. Finché fa un errore e deve scappare, e in questa fuga scopre se stesso realizzando che, anche lui, può essere amato da qualcuno», dice. «Un uomo così repellente nasconde una grande anima. È scandaloso e fragilissimo. Un reietto, come lo sono io».

Prego? 

Quando sei un personaggio pubblico e famoso, sei discriminato. Come diceva Pasolini, il successo è una cosa brutta. È l'altra faccia della persecuzione. 

Dopo tanti anni non ha ancora le spalle abbastanza larghe? 

Evito di leggere pezzi che parlano di me. Ma poi c'è sempre qualcuno che mi racconta le cose. 

Si riferisce alle voci su di lei riportate dai giornali di gossip?

Il problema non è il gossip. Amo il mio lavoro e sono consapevole che questo è il prezzo da pagare. Finché a parlare sono i giornali scandalistici, chissenefrega. Il problema è quando lo fanno i giornali seri, scrivendo cattiverie che non tengono conto dell'intimità delle persone. Chi legge si fida, pensa sia tutto vero. 

E invece?

Neanche posso difendermi. È una mancanza di rispetto, non contro gli attori, ma contro le persone, contro l'uomo e contro la donna che siamo. Ho chiamato un caporedattore e mi sono ancora sentito dire: ma è vero o non è vero? 

Lei che cosa ha risposto?

Non voglio parlare delle mie cose intime e private. Sono affari miei e di Valeria. Siamo attori, ma vogliamo essere liberi di farci la nostra vita senza essere offesi e vilipesi.

È molto arrabbiato.

Sì, perché sono una persona sana. 

Parliamo di donne. Il suo film ne è pieno: donne che salvano, donne che condannano a morte.

Anastasia, che salva Pericle, è l'emblema dell'emancipazione femminile. Amo le donne emancipate per davvero, che non hanno bisogno di sfoggiare la loro libertà. E poi Anastasia sa tirare fuori le cose belle di Pericle che nemmeno lui conosce. 

Altra qualità femminile.

Vero. Senza le donne che ho incontrato nella mia vita non sarei l'uomo che sono. 

Che cosa ama in una donna?

Mi piacciono le donne che si lasciano proteggere. L'uomo e la donna in una relazione sana si completano. L'amore è una danza di forza e fragilità. 

Come si fa a farlo durare?

Con la complicità e la stima. La stima più di tutto.

Oggi la gente si innamora in chat.

A me i social terrorizzano. Quando ancora non esisteva Facebook, mi chiesero di partecipare a una chat con dei ragazzi. Accettai e mi trovai in mezzo a un botta e risposta schizofrenico di cattiverie irripetibili ed esaltazioni immotivate. I social sono strumenti pericolosi, che non frequento anche se c'è chi si spaccia per me. E i ragazzini dovrebbero imparare a toccarsi, invece di chattare. E a fare l'amore sul serio. Sentire le cose, emozionarsi, vivere. Le racconto una cosa.

Dica.

L'estate dei miei 14 anni incontro una a Margherita di Savoia, in spiaggia. Era bella come il sole, un po' più grande di me e io ero perso di lei. Ma doveva partire. Mi dice: «Domani ci vediamo nel bar sulla spiaggia a mezzogiorno». È arrivata all'una. Ma allora non c'erano i telefoni, non c'era Facebook. Dalle 12 all'una sono morto di un dolore così eccitante e così romantico che me lo ricordo ancora oggi. 

Che cosa conta di più per lei oggi?

La famiglia. E lo si vede dalla vita che conduco. 

Quale famiglia?

Io e Valeria. Perché io e Valeria siamo una famiglia, chiaro? Viviamo da dieci anni nella stessa casa, paghiamo le stesse bollette, facciamo tutto. Non abbiamo figli, ma sono affari nostri. E chi dice che non si può essere una famiglia in due?