Sembrava destinato a una carriera da caratterista: con la sua taglia forte, gli avevano spiegato, non poteva certo aspirare a ruoli di primo piano. E Nicola Nocella ci aveva creduto. Se ne era quasi convinto, in seguito alle prime due candidature respinte al Centro Sperimentale e una carriera che, dopo l'exploit con Pupi Avati in Il figlio più piccolo, era caduta in picchiata. Si era arreso. Finché alla sua porta non bussò Andrea Magnani: un autore al suo esordio alla regia che voleva girare un road movie in Ucraina, dal titolo Easy – un viaggio facile facile, con protagonisti un ciccione e una bara. Ebbene, quel ciccione è finito nella cinquina dei David di Donatello 2018 come migliore attore protagonista, riscrivendo di fatto le regole del gioco del cinema italiano. La cerimonia va in onda in diretta su Rai Uno, il 22 marzo. "I David sono sempre stati il mio sogno, la mia ossessione: mi preparo il discorso da quando, 20 anni fa, lasciai la mia città natale", commenta Nocella, premiato anche al Montecarlo Film Festival de la Comédie come miglior attore proprio per il film Easy.

E dire che, sulla carta, il film era molto lontano dalle sue corde.

Decisamente: io sono un attore che tende a estroflettere, a parlare, mentre il film era tutto di contenuto, con lunghe sequenze di silenzio. Ci saranno cinquanta battute al massimo. Isidoro è stato un personaggio pazzesco, sul quale si regge l'intero film.

Quanto c'è, però, di catartico nella storia narrata?

La storia di Easy è la mia: dopo anni di frustrazione, grazie ad Avati mi sentivo arrivato. A 30 anni, con due Nastri di Argento ho pensato di avercela fatta! Ne ero orgoglioso, felice. Peccato che la tigna che mi aveva portato fino a lì ha finito per sfociare in un'indole antipatica e litigiosa. Ho commesso degli errori e sono caduto nel dimenticatoio, esattamente come Isidoro, ex promessa di go car. Ho persino pensato di mollare tutto...

Adesso, invece, cosa è cambiato?

Mi è arrivata questa seconda occasione e non voglio perderla. Ho cambiato il mio approccio: sono andato a chiedere scusa alle persone che avevo ferito e mi sono riconciliato con gli amici con cui avevo litigato. Inoltre ho smesso di rosicare: di pensare che gli altri fossero più bravi. E sa una cosa? Ho incominciato a sentirmi meglio, fisicamente e mentalmente, quando ho capito che, anziché rammaricarmi per il divario tra me e i coleghi, dovevo impegnarmi di più per arrivare al loro livello.

Grazie alla candidatura ai David, le sono arrivate nuove proposte?

Dal 14 febbraio, ossia da quando sono state annunciate le candidature ai David, sono diventato inspiegabilmente bravo (ride, ndr). Prossimamente mi vedrete nel ruolo del super cattivo nel film Cobra non è, di Mario Russo.

Crede di avere scontato, in passato, un certo snobismo da parte degli addetti ai lavori per via della sua taglia forte?

Penso sia una questione di modelli di riferimento, sbagliati. Spesso, per esempio, venivo paragonato a John Belushi, il quale ricopre spesso ruoli da protagonista. Eppure in Italia sembrava che il mio destino fosse una carriera – anche bella – da caratterista. Fino a quando non arriva Andrea, fa un film in Ucraina e spedisce un ciccione in cinquina ai David, come attore protagonista. Credo sia un segnale politico: in mezzo a colossi come Antonio Albanese, Alessandro Borghi, Valerio Mastrandea c'è anche un uomo grassoccio, che è non esattamente famosissimo e bello, ed è persino il volto di un film indipendente. Questo vuol dire che le cose stanno cambiando quantomeno a livello di percezione da parte di chi lavora nel settore. Quindi se ho scontato degli snobismi, è stato nel passato. Oggi non è più così.