«Allora non lo sapevamo di essere il centro, il motore di quella tempesta perfetta. Cercavamo solo, disperatamente, di essere migliori. Eravamo così ambiziosi da provare a tutti i costi a fare ciò che ci rendeva felici». A 84 anni suonati, nello sguardo dell'attore più celebrato e premiato d'Inghilterra balena ancora l'irresistibile scintilla di provocazione che l'ha reso uno dei protagonisti del decennio più esplosivo del secolo: gli anni 60, che misero sottosopra la sua Londra e il mondo intero, travolgendo tabù e barriere.

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Carnaby street nel 1968.

«L'unica rivoluzione fatta solo dai giovani», riafferma con orgoglio Michael Caine in My generation, film che arriva nelle sale, come uscita evento, dal 22 al 24 gennaio e che, inseguendo gli anni della formazione del giovane attore, ripercorre la nascita della cultura pop e il mito della Swinging London. Uno tsunami che ribaltò costumi, moda, arte e musica, celebrato in questi giorni anche da una bella mostra: Revolution. Musica e ribelli 1966-1970. Dai Beatles a Woodstock, che dal Victoria & Albert Museum di Londra è approdata a Milano (fino al 4 aprile 2018).

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Raymi Hero Productions 2017/Jeff Spicer
Michael Caine sul set di My generation, al cinema dal 22 al 24 gennaio 2018.

«Per la prima volta nella storia, la giovane classe operaia si batteva per affermarsi e dire: siamo qui, questa è la nostra società e non ce ne andremo», rivendica l'attore. Per sei anni è stato impegnato, insieme all'amico e produttore Simon Fuller e al regista David Batty, nella realizzazione di questo documentario energico e psichedelico, che alterna i suoi personali racconti a materiali d'archivio inediti e straordinari, come le interviste di Caine agli amici protagonisti dell'epoca: da Mary Quant alle modelle Twiggy e Penelope Tree, da Marianne Faithfull a Paul McCartney, fino ai fotografi che, come David Bailey, immortalarono l'estetica di quegli anni. In un viaggio nel tempo tra musica e immagini che vi terrà inchiodati alle poltrone.

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Bettmann //Getty Images
La modella Twiggy in una foto del 1966.

Gli Who e i Beatles, l'artista David Hockney e l'inventore del caschetto Vidal Sassoon. Ma eravate tutti amici?

Sì, quasi tutti figli della working class: sembra una favola, ma ci ho tenuto molto a mostrare come sia stato difficile per noi ottenere visibilità, imporre il nostro modo di vedere le cose.

Come li ha ritrovati, quasi sessant'anni dopo?

Abbiamo ancora tutti lo stesso sense of humour, ridiamo delle medesime cose, in fondo abbiamo avuto le stesse vite, cercando di dare sempre il massimo. Come il mio caro amico Roger Moore, che ci ha lasciati da poco.

Una generazione coi superpoteri?

Macché. Siamo cresciuti nella depressione e nel razionamento dei consumi della Seconda guerra mondiale, in attesa di un telegramma dal fronte che ci comunicasse la morte di papà. A diciott'anni fui mandato in Corea a uccidere delle persone; quando tornai a Londra, ritrovai la gente arrabbiata e la città piena di smog. Non c'era cibo né posto per noi: anche potendo, ristoranti e locali erano luoghi classisti, dovevi avere le scarpe, la cravatta e il vestito giusto. Non avevamo un posto dove andare e niente da fare. Ma avevamo tutti un sogno in tasca.

Non avevo mai conosciuto persone famose, poi, improvvisamente, tutti i miei amici senza eccezione erano diventati dei personaggi: persino il mio barbiere

Il suo qual era?

Volevo fare l'attore da quando avevo dieci anni.

E come è andata?

Lavoravo in fabbrica, impacchettavo il burro, non sapevo come fare; un collega mi segnalò una rivista che pubblicava inserzioni per assistenti di palco e piccoli ruoli: così ho cominciato. Ma mi è stato subito chiaro che anche lì vigeva un sistema rigido di classi.

In che senso?

Anche lì mi offrivano solo parti da comprimario, operaio, poliziotto, per le mie origini e per via del mio accento cockney. Cercai di diventare più bravo che potevo. Non il miglior attore d'Inghilterra o del mondo: ero certo che non sarei mai diventato ricco e famoso, ma non mi importava. Volevo solo essere molto bravo, comunque abbastanza da pagarmi vitto e affitto e non lavorare più in fabbrica. Tutti noi la vedevamo così.

Michael Caine, nel 1966 con le attrici del cast di Alfie, da sinistra: Vivien Merchant, Jane Asher, Julia Foster e Shelley Winters.pinterest
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Michael Caine nel 1966 con le attrici del cast di Alfie, da sinistra: Vivien Merchant, Jane Asher, Julia Foster e Shelley Winters.

Così come?

Se le cose non ci piacevano, dovevamo impegnarci per rimpiazzarle con qualcosa di meglio: la Bbc non trasmetteva musica pop? Allora noi la sostituivamo con radio Luxembourg o con quella che trasmetteva a tre miglia dalla costa.

Cos'era per lei la Swinging London?

Lo ignoravo, perché dondolavo con lei. Londra dondola ancora, ma i ragazzi sono troppo concentrati sugli smartphone e gli Ipad, pensano di non avere niente da imparare. La differenza tra noi e loro è che ora tutti seguono il modello Kardashian: vogliono essere ricchi e famosi senza essere bravi.

Era consapevole che le cose stessero cambiando?

Ero meravigliato: non avevo mai conosciuto persone famose, poi, improvvisamente, tutti i miei amici senza eccezione erano diventati dei personaggi: persino il mio barbiere. John Barry un compositore richiesto; il fratello di Terence Stamp, Chris, il produttore milionario degli Who e Jimi Hendrix; Twiggy una supermodella, David Bailey un fotografo-guru.

Michael Caine in un ritratto del 1966.pinterest
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Michael Caine in un ritratto del 1966.

Che la rese un'icona dell'epoca. Seguiva la moda?

Ero definito "Mister Cool". Mai stato uno sperimentatore, ho sempre indossato camicie azzurre, come ora. Riflette una mia attitudine sociale: penso siano tutti miei pari, non ho gregari né superiori, non sono mai sgarbato con nessuno, tratto tutti allo stesso modo, uomini e donne. Regina compresa.

Cosa successe allora alle ragazze?

In poche parole divennero libere. Di scoprire il corpo e di fare l'amore, grazie alla pillola. Il sesso giocò un ruolo cruciale. Fu rapido come un sogno e rese anche noi uomini molto felici.

Ha nostalgia di quei tempi?

No, ho sempre cercato di vivere nel presente. Ogni decennio è stato meglio degli altri. Pensi che sono sposato da 46 anni con la stessa donna e questo mi riempie ogni giorno di meraviglia e felicità. Se ti guardi indietro hai già perso.