La baby prodigio di Hollywood, Dakota Fanning, è cresciuta: ospite nella sezione Alice nella città de Festa del cinema di Roma, dove ha presentato il suo nuovo film Please stand by, si presenta alla stampa ostentando quella fiera dimestichezza che solo 18 anni di carriera possono infondere. Avvolta in uno svolazzante vestito lilla (sì, avete letto bene: lilla...ha coraggio da vendere), l'attrice 23enne si muove a suo agio tra fotografi e giornalisti. Sotto i riflettori, d'altronde, lei ci è cresciuta: il suo primo ruolo è arrivato a cinque anni e, da allora in poi, non ha mai sbagliato un film. Oggi è tra le attrici più richieste del momento: in agenda ha l'uscita del film Please stand by, che la vede nel ruolo impegnato di una ragazza autistica; il debutto nel mondo delle serie tv, in The alienist; il ruolo da protagonista nel primo film da regista di Kirsten Dunst e... la discussione della sua tesi di laurea. Già, la ha anche il tempo di andare all'Università.

Una vita all'insegna del successo. Guardandosi indietro, non le è mai capitato di desiderare un'infanzia normale?

La fama ha avuto un impatto assolutamente positivo sulla mia vita perché mi ha permesso di conoscere luoghi e persone che, altrimenti, non avrei mai visto. A nove anni, per esempio, sono stata cinque mesi in Città del Messico. A 14 anni ho vissuto per tre mesi a Hong Kong: quante altre bambine possono dire di aver fatto queste esperienze? Posso essere solo grata per tutto questo.

Ammetterà però che è difficile gestire la notorietà, soprattutto quando si è giovani.

Certo, ma la mia vita non inizia e finisce sul set: ho una famiglia fantastica, amici che appartengono al mondo dello spettacolo e altri che ne sono totalmente estranei. Questa rete di relazioni mi aiuta a mantenere l'equilibrio. Inoltre non mi sono mai portata i personaggi a casa, nel senso che cerco sempre di mantenere una linea di demarcazione tra la mia vita e quella del personaggio.

Non appartiene dunque a quella schiera di attrici che rimane nella parte anche fuori dal set?

Assolutamente no! Nel momento in cui il regista grida "Stop", torno me stessa. Non mi porto mai a casa i problemi del personaggio.

In Please stand by interpreta una ragazza autistica ribelle: cosa ha imparato da questa esperienza?

Il personaggio di Wendy mi ha messo davanti agli occhi una grande verità, ossia che tutti noi abbiamo le nostre battaglie da combattere. L'autismo è infatti solo un aspetto della personalità della protagonista, che è molto più grande del suo disagio mentale. Ecco, ognuno di noi è chiamato a superare una sfida esistenziale, grande o piccola che sia, e al contempo ognuno ha dentro di sé la capacità per sognare.

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Anche lei, come il personaggio, nutre una passione sfrenata per Star Trek?

Lo guardavo insieme a mio nonno, quando ero più piccola, ma di certo non sono così esperta come Wendy! Per lei Star Trek era un mezzo per comunicare con la realtà.

So che sta scrivendo una tesi sul ruolo delle donne nel cinema. Un tema delicato, soprattutto di questi tempi...

È stata una scelta quasi naturale: essendo io una donna che lavora nel mondo dell'intrattenimento, sono molto interessata a questi argomenti. Credo che sia importante che le donne facciano sentire la propria voce, che abbiano più potere e che combattano per l'uguaglianza. Sono contenta di vivere in un'epoca in cui questi argomenti sono entrati nel dibattito pubblico.

Cosa pensa del caso Weinstein?

Sono convinta che sia fondamentale parlarne, anche se questo genere di scandali non è proprio solo di Hollywood, ma appartiene a tutti i settori dell'industria. Bisogna porre fine a questo trattamento e dare sostegno a chi racconta la propria dolorosa esperienza.