Capisci che sei passata dall'altra parte della barricata quando conosci uno così e pensi che vorresti avere una figlia dell'età giusta per presentargliela. Perché Alvaro Soler – sommo maestro di tormentoni estivi (due a fila, un anno dopo l'altro, El mismo sol e Sofia), cantante per sé e autore per altri, disegnatore d'auto prestato alla musica e ora giudice di X Factor – è esattamente quello che le madri intendono quando dicono: trovati un bravo ragazzo. La mattina in cui lo incontro negli uffici della Universal, sua casa discografica, a Milano, questo però ancora non lo so. Di lui so soltanto quello che dicono le sue biografie ufficiali: di Barcellona ma ha vissuto in Giappone, parla un sacco di lingue e ha imparato a suonare da solo. È così ecumenico da comparire nelle playlist dei quarantenni e pure in quelle dei loro figli (e qui già qualche sospetto avrei dovuto averlo). Io, pur avendo ascoltato centinaia di volte le sue canzoni, ho scoperto che faccia avesse solo vedendolo seduto tra Fedez e Arisa alla prima puntata delle audizioni di X Factor 10 (in onda su Sky Uno, il giovedì sera:  dopo il 6, il 13 ottobre continuano i bootcamp, il 20 gli home visit e, dal 27, il live; in streaming su NowTv), sulla sedia che fu di Mika. Predecessore di cui condivide la stazza e la gentilezza del viso e dei modi. La nostra intervista è uno dei giri di quello che chiama «il frullatore», cioè la vita che fa in Italia da quando è cominciato il talent

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La tv dà, la tv toglie: nessun timore? 

Molti. Anche i giudici vengono giudicati. 

Skin l'anno scorso ha scalfito la sua aura da rockstar, per esempio.

Il mio problema è molto più banale. Tipo: avrò il tempo per farlo come si deve?

Con gli altri giudici come si trova?

Con Fedez c'è sintonia per età e gusti. Lo conoscevo dalla tv e l'avevo visto in giro nei festival. Ha una bella testa, sulla musica e sulla discografia. È diretto e conosce bene i meccanismi del programma. 

Anche Arisa li conosce.

Lei è imprevedibile. Non so mai che cosa sta per dire, ogni volta non vedo l'ora di scoprire come reagirà. Ha un'idea di musica diversa dalla mia, ma la rispetto molto. Le differenze sono belle. 

E poi c'è Agnelli, new entry come lei.

Manuel è il top. Lo adoro: è un'enciclopedia musicale vivente. Ha fatto la sua strada nell'indie rock, ha suonato a New York. Ha avuto i suoi successi e le sue delusioni e si porta dietro un bagaglio meraviglioso. 

Come ci è finito lei a fare il giudice?

Grazie a un'intervista su Rtl. Ho parlato italiano per un'ora, il capo di Universal mi ha sentito e ha detto: ora chiamo X Factor

E l'italiano come l'ha imparato? 

Facendo la promozione del mio disco e leggendo i messaggi su Instagram. Le lingue mi piacciono. Parlo bene lo spagnolo, l'inglese e il tedesco. Le altre, le uso. Comunicare con le persone nella loro lingua aiuta a capirsi di più. Ci sono già tante barriere...

Anche la musica dicono aiuti ad abbatterle.

Vero. Ma io non pensavo di vivere facendo il cantante. 

Che cosa pensava di fare?

Progettista di auto. Ma avevo un gruppo e abbiamo partecipato a un talent, Tú sí que vales. Ho finito l'università e una settimana dopo, grazie al talent, ho firmato un contratto con Sony per andare in Germania a scrivere canzoni per altri. Ho detto: è un segno, devo provarci, e mi sono dato due anni di tempo. 

Solo due anni?

Io non sono una rockstar e nemmeno un bohémien. Io sono un ingegnere. Sono strutturato. Mica potevo pensare di arrivare a 24 anni e non avere i soldi per portare la mia fidanzata al cinema. 

Siete una generazione cresciuta, causa crisi economica, senza il paracadute della famiglia...

I miei genitori quando ero piccolo mi hanno dato tanto. Vivevamo in Giappone, dove mio padre era dirigente di un'azienda. Ma quando siamo tornati a Barcellona è scoppiata la crisi ed è rimasto senza lavoro. Non trovava un'alternativa nemmeno accontentandosi. Quando è così, entri in una spirale di depressione da cui uscire non è semplice, l'autostima va in pezzi. 

Sua madre?

Era disegnatrice industriale, si è inventata una scuola di cucina giapponese in casa. E poi è diventata chef di un ristorante. Io e i miei fratelli, da allora, abbiamo avuto la certezza che, per combinare qualcosa nella vita, avremmo dovuto lavorare sodo. 

Lei ce l'ha fatta.

Siamo una generazione segnata. Non abbiamo paura di sbagliare. Finché hai paura di perdere qualcosa non vai da nessuna parte. 

Lei ama rischiare?

Io sono per il rischio calcolato. A Berlino ci sono andato con un contratto, non a tentare la fortuna. Però a 23 anni ero il primo di tutti i miei compagni di università a vivere fuori di casa. 

Di anni adesso ne ha 25.

In due anni di cose ne sono successe tante. Berlino, il freddo, El mismo sol al numero uno, Jennifer Lopez che chiede di cantarla con me. 

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Alvaro Soler a New York con Jennifer Lopez durante le riprese del video El mismo sol.

Un sogno. 

Lei è supercarina, ma anche una superwoman. E vive su un altro pianeta. Mentre registravamo il video a New York le ho detto quanto pagavo di affitto: pensava che mancassero degli zeri. 

Ci arriverà anche lei.

Non è quello il mio obiettivo.

E qual è allora?

Fare quello che mi piace e vivere bene con le persone che amo. Cerco un po' di stabilità da ingegnere, una famiglia. Non voglio avere figli a 40 anni. Adesso comunque è difficile persino avere una fidanzata.

Quindi continua a cantare gli amori finiti come in Sofia.

Sì, ma adesso mi serve nuova ispirazione (ride, ndr). 

Come riesce a fare una canzone allegra su un amore finito?

Ogni giorno succedono cose negative. Ma volgerle in positivo è possibile.

Che cos'è l'amore per Álvaro Soler?

Un'attitudine. È impegno, dedizione. Io sono un monogamo e non sono neanche di quelli che devono avere una fidanzata sempre. Ho una famiglia che mi dà già abbastanza amore. 

Ha anche una sorella a cui ha dedicato una canzone per dirle di stare attenta ai ragazzi.

È alta un metro e ottanta ma per me resta sempre la mia sorellina di cinque anni. E poi io so che cosa pensano i maschi (ride, ndr).

I giornali di gossip dicono che tra lei e Emma c'è del tenero.

Balle, è tutto molto chiaro. Anche nel video della nostra canzone (Libre, ndr): volevano giocare sull'ambiguità, ma io ho detto no. Io e Emma siamo amici, non facciamo finta che ci sia dell'altro.