Ha attraversato, insieme ad Ambra Angiolini, una delle crisi coniugali più chiacchierate degli ultimi anni, culminata in una separazione. E Francesco Renga ne è uscito come fanno gli artisti: trasformando lo smarrimento e il dolore in parole e musica, quelle dell'album Scriverò il tuo nome (Sony), disco d'oro in sei settimane, che porterà in concerto in ottobre a Milano, Roma, Padova e Bari. Perché, sostiene Renga, 48 anni compiuti il 12 giugno, «un canto, per essere completo, deve avere dentro la sofferenza, l'incertezza, il sentirsi inadeguati, la paura». Renga si racconta con disarmante sincerità bypssando quella riservatezza che gli fa stropicciare le mani mentre parliamo di ciò che gli sta più a cuore.

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La cover del nuovo disco di Francesco Renga.

«È un momento felice», spiega, con il sorriso che gli illumina il viso mediterraneo. «Sono sereno e ho trovato finalmente un team di persone che mi stanno vicino. I successi non sono mai frutto di una sola persona, c'è sempre bisogno di collaboratori che ti portino a fare le scelte giuste e ti dicano quando stai sbagliando».

È così difficile farsi dire quando sta sbagliando?

Difficilissimo: l'artista è visto come un disadattato che usa l'arte per raccontarsi non avendo altri mezzi e chi ha intorno cerca di assecondarlo, spesso facendo il suo male, soprattutto quando l'arte si confronta con il mercato. 

Le persone che un artista ha vicino a volte non glielo dicono se ha toppato, ma il pubblico sì.

Il pubblico è l'unico interlocutore che non ti mente mai e al quale non puoi mai mentire. Puoi avere intorno il più grande team del mondo a gratificare il tuo ego, ma è il pubblico a decidere se quello che hai fatto serviva veramente.

Che cosa la rende felice oggi?

Sapere che il mio lavoro è piaciuto, che fra poco andrò in vacanza con i miei figli (Jolanda e Leonardo, di 12 e 10 anni, ndr), stare con gli amici, bere un bicchiere di vino, leggere un buon libro, guardare un bel film: piccole cose alle quali prima non riuscivo a dare il giusto peso. Per carattere faccio fatica a godermi il momento: ho metabolizzato la mia vittoria a Sanremo (nel 2005 con Angelo, ndr) un anno e mezzo dopo: lì per lì non mi ero goduto niente. 

Non ha citato il nuovo disco d'oro.

(Ride) Quello è solo un felice accessorio.

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Alessio Pizzicannella

In Scriverò il tuo nome, canta: «La vita mette in ordine».

Io credo che esista una regia, o un destino. Ci sono stati momenti nella mia vita, anche molto dolorosi, in cui mi sembrava incomprensibile quello che stava succedendo, e invece a distanza di tempo si sono rivelati snodi importanti. Credo che la vita faccia ordine anche a discapito nostro, un po' come quando l'amore ci sceglie. 

Nel brano Il bene infatti canta l'amore come inevitabile.

L'amore vero è in qualche modo subìto, ti prende per mano e lo devi seguire, punto e basta, anche quando sai che ti farai male o che farai del male. 

L'amore finisce?

Non c'è mai una fine in una grande storia d'amore. Ma quando è matura diventa anche altre cose: compromesso, sacrificio, responsabilità, soprattutto se ci sono dei figli. 

Infatti ripete spesso che «tutto rimane qui».

Tutto resta, si trasforma e ti trasforma. Affetti, amicizie, amori lasciano una traccia indelebile. Lo scopo dell'esistenza è trovare una situazione in cui ci si senta adeguati. 

Adeguati?

Nel senso di amati, capiti, ascoltati, coccolati. Il primo abbraccio della vita lo ricevi dalle braccia di tua madre e noi maschi ricerchiamo sempre quel tipo di protezione e di accoglienza.

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Francesco Renga con Ambra Angiolini nel 2013.

È possibile rimanere amici dopo una separazione? 

Io e Ambra abbiamo avuto l'intelligenza di renderci conto che era arrivato il momento in cui, per non fare implodere la situazione, c'era bisogno di buttare il cuore al di là dell'ostacolo, per responsabilità nei confronti di una famiglia che comunque continua a esistere. Litigare, farsi del male, può essere gratificante sul momento ma a lungo andare distrugge tutto. Ambra e io questo passaggio ce lo siamo evitati e siamo rimasti vicini per i nostri figli, viviamo a una rampa di scale di distanza. Ci hanno aiutato tantissimo i nostri fantastici bambini. Abbiamo fatto un bel lavoro su di loro e ci stanno restituendo il favore.

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La coppia agli inizi del loro amore.

Che cosa vuole insegnare loro?

Vorrei che percepissero quella distinzione netta tra il bene e il male che mi hanno trasmesso i miei genitori e che costituisce i binari sui quali corre la mia esistenza. Poi la condivisione, la carità, il dovere di gratificare le persone che ci stanno intorno. Da soli non ce la si fa, e invece il rischio è che ognuno pensi per sé. Al di là della razza, della provenienza, del ceto sociale siamo tutti davvero fratelli, quelli che arrivano con i gommoni sul territorio italiano sono addirittura nostri cugini, ma proprio geneticamente. In maniera giocosa e non pedante cerco di comunicare ai miei figli, con l'esempio, che significhi aiutare il prossimo. Perché è una cosa che non si spiega: si fa. 

In Guardami amore canta: «È impossibile restare in verticale». Oggi chi la tiene in piedi?

I miei figli, il mio lavoro e questa serenità che Ambra e io siamo riusciti a ritrovare. E mi tiene in piedi anche quest'idea dell'amore che credo sia la cosa più importante, non solo nelle mie canzoni, ma nella vita. Perché davvero è il motore di tutto.