Adam Rippon e Gus Kenworthy hanno già vinto. I due sportivi a stelle e strisce non hanno bisogno di scendere in pista alle Olimpiadi Invernali di Pyeongchang 2018 per dimostrare il loro valore assoluto. Il loro spessore umano va al di là di qualsiasi gara e di qualsiasi medaglia. Adam Rippon e Gus Kenworthy hanno fatto la storia diventando i primi atleti del team statunitense a partecipare a un'Olimpiade invernale non facendo mistero del loro orientamento sessuale, anzi, facendosi portavoce del movimento Lgbt, e sostenendo i diritti degli omosessuali, come fanno costantemente da due anni a questa parte. Il pattinatore e lo sciatore freestyle sono gay e fieri di esserlo e hanno scelto uno degli appuntamenti più prestigiosi della loro carriera per sensibilizzare di nuovo sull'argomento e ribadire ancora una volta, che la discriminazione sessuale non ha più senso di esistere, punto. Il mondo del ghiaccio e della neve sta facendo posto ai colori arcobaleno e noi non potremmo essere più contenti.

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Sarà un'Olimpiade indimenticabile, comunque andrà a finire, per Adam e Gus, che dopo il loro coming out nel 2015 hanno deciso di segnare la loro partecipazione ai Giochi di Pyeongchang 2018 con la loro personale battaglia a favore dei diritti gay. Belli, genuini, dal sorriso sincero e contagioso, i due sportivi della compagine statunitense sono l'immagine più bella di queste Olimpiadi, e su questo non si discute.

«Temevo che ammettere di essere omosessuale potesse farmi perdere qualche sponsor. Invece non è successo. É esattamente il contrario», ha detto Gus che a Sochi 2014 ha vinto l'argento, a cui ha fatto eco Adam, che ammette di aver «ricominciato a respirare liberamente», solo una volta dopo il coming out.

Un altro punto su cui sembrano essere sulla stessa lunghezza d'onda è la presa di posizione nei confronti del vice presidente americano Mike Pence, capo della delegazione degli Stati Uniti in Corea del Sud. L'ex governatore dell'Indiana è accusato di posizioni anti-gay, di aver ostacolato la comunità Lgtb prima di trasferirsi nell'ufficio della Casa Bianca con Trump e di aver sostenuto la validità della terapia di recupero per gli omosessuali.

«Non avrei nulla in contrario a confrontarmi con chi pensa che io sia un uomo malato» ha detto Rippon senza mezzi termini via social, ribadendo il concetto già espresso dalle pagine di USA Today. «Intendi Mike Pence, lo stesso Mike Pence che ha sostenuto i centri delle teorie riparative? Non me la bevo. Se dovessi incontrarlo prima della gara, non abbandonerei mai la mia strada per incrociare qualcuno che si è fatto in quattro per dimostrare non solo di essere nemico dei gay ma anche di far credere a tutti che siamo malati. Non voglio uscire fuori dal mio mondo per incontrare qualcuno così».

Anche Kenworthy non le ha mandate a dire a Mr Pence riferendosi alla conclamata omofobia del vicepresidente repubblicano. «Sono onorato di competere in Corea per gli Stati Uniti e orgoglio di rappresentare la comunità Lgbt… Roditi il fegato Pence. #TeamUSA #TeamUSGay».

«Un atleta gay non ha nulla di diverso da un atleta eterosessuale. La passione, la dedizione, il sacrificio e gli allenamenti sono esattamente gli stessi», ha voluto chiarire Adam rivolgendosi a chi non avesse ancora ben chiaro il semplice e lineare concetto. «Tutto uguale, insomma, tranne che noi abbiamo le sopracciglia molto più belle». Chapeau!